cultura

Gratis all'Archivio di Stato fino al 2 dicembre
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Ci sono gli scritti dell'Anonimo, il 'Dante' genovese che ha cantato i fasti del Medioevo, ma anche trattati internazionali bilingui, le 'lettere orbe' coi mugugni all'indirizzo del Doge e del Governo, la poesia di Cavalli e De Franchi, i primi dizionari, il manoscritto originale di 'Ma se ghe penso', l'epopea di Govi e De Andrè, fino alle pubblicazioni dei nostri giorni. Un fil rouge mai interrotto. All'Archivio di Stato di Genova, fino al 2 dicembre, è aperta la mostra gratuita 'Il genovese. Storia di una lingua'. Un viaggio lungo mille anni alla scoperta di un idioma che ha fatto la storia non solo della Liguria, ma di tutto il Mediterraneo. 

A curare l'allestimento sono stati il professor Fiorenzo Toso, linguista e docente all'Università di Sassari, e Giustina Olgiati, archivista e paleografa dell'ente con sede in Carignano. Un anno di lavoro per reperire documenti originali e selezionare quelli più significativi. Il risultato è qualcosa che va ben oltre il cosiddetto 'dialetto': nelle carte ingiallite sotto teca ecco il trattato tra la Repubblica di Genova e il khan dei Tartari, redatto in genovese a Caffa nel 1380, una missiva del sultano scritta in genovese ai mercanti liguri sul Mar Egeo, e poi preghiere, pubblicazioni scientifiche, il genovese nelle Americhe e un'antologia del variopinto patrimonio lettarario, teatrale e musicale che arriva fino al 21esimo secolo. Carta canta, il genovese è scritto da tempo immemore, ma l'uso parlato è ben più antico. "Almeno millenario", precisa Giustina Olgiati. 

La risposta del pubblico? Circa trecento persone per la giornata inaugurale. Una partenza col botto che ha messo il sorriso agli organizzatori. "Ci ha aperto il cuore vedere questa sala piena", conferma Olgiati. Primo impatto positivo anche per la neo direttrice dell'Archivio, Annalisa Rossi: "Appena saputo del lavoro in corso ho subito sposato l'iniziativa. Credo che possa essere un'ottima leva, un ottimo punto di ripartenza per il riposizionamento strategico dell'istituto". 

"C'era una gran voglia di tirar fuori dai cassetti questi documenti che rappresentano, oltre che la storia della lingua, la storia della città e della regione - spiega Toso - Teniamo conto che studi sul genovese non se ne fanno molti, anche questo può essere uno spunto". La sfida è far sì che non muoia tutto in un museo. L'uso in televisione e su tutti i media, le iniziative nelle scuole, la nascita di festival ed eventi dedicati alla lingua locale: i teorici dell'estinzione possono attendere. "Anche questo può incentivare una riflessione sull'attualità di questo strumento di comunicazione - aggiunge Toso - a prescindere da quante persone la parlano. Speriamo si possa avviare una seria politica di recupero funzionale".

Il tassello mancante è ancora l'università. Fiorenzo Toso lavora in Sardegna e ammette: "Stiamo facendo da supplenti a una carenza di studi che c'è in Liguria". Il genovese non vanta nella sua città né cattedre specifiche né istituti di ricerca. Una lacuna non da poco, per una lingua andata così lontano nel tempo e nel mondo.