cronaca

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Ho ancora impressa in mente la scena di un ragazzo di quinta che entrò nella mia classe, all’epoca la 1E, per chiedere consiglio alla professoressa per la sua tesina. Avevo 14 anni e la maturità mi sembrava un momento distante anni luce. E invece, cinque anni sono volati e ora tocca anche a me.

Nonostante quest’anno l’esame sia cambiato, l’ansia è sempre quella che hanno provato milioni di studenti prima di me. Quando ho iniziato a realizzare che avrei dovuto affrontare questo esame mi sono immaginata giornate intense di studio, litri di caffè e crisi isteriche. Ed avevo proprio ragione, solo che non avevo pensato alla nostalgia.

Mi sono resa conto che l’altro sentimento che provo insieme all’angoscia e al timore è proprio la nostalgia. Certamente non sarà la nostalgia dei brutti voti, delle lezioni sulla Divina Commedia o sulle funzioni. Sarà la nostalgia dell’incontrare i miei compagni ogni mattina nella piazza dietro scuola, delle risate, del tè alle macchinette d’inverno, dei pezzi di merenda racimolati dagli altri quando dimenticavo la mia, delle litigate per l’organizzazione delle interrogazioni programmate, dei gruppi studio, dei pettegolezzi, delle ore buche, dei minuti di lezione persi a chiacchierare con i prof, delle gite. Per cinque anni la scuola è stata una sorta di nido, un porto sicuro: ho avuto dei compagni di classe che sono felice di poter chiamare amici, ed è una fortuna che auguro a tutti, dei professori preparati e soprattutto umani.

In questi anni sono cresciuta molto, guardando indietro quasi non mi riconosco, e gran parte del mio cambiamento è sicuramente dovuto alla scuola. Ogni persona mi ha insegnato qualcosa, mi ha lasciato una parte del suo carattere e forse questo è il bagaglio più grande che mi porterò dietro e di cui mi ricorderò anche quando avrò dimenticato tutto ciò che ho studiato. Rivivrei questi cinque anni altre mille volte nonostante non siano mancati i momenti più brutti tra litigate, voglia di smettere di studiare, insufficienze a maggio, note e verifiche a sorpresa.

Intanto, mentre ripenso a tutti i bei momenti che ho vissuto, spero che nella prima prova l’analisi del testo sia di un autore che conosco, che la seconda prova non sia troppo difficile, che la lettera estratta per l’orale non sia quella del mio cognome e che i giorni che ho passato in campagna con il telefono spento in “ritiro studio” diano i lori frutti davanti ai commissari esterni.

Forse l’esame di maturità è uno di quei momenti che rimane impresso per sempre, specialmente la sensazione di estrema libertà appena usciti dalla classe dove si svolge l’orale. Non lo so, spero sia così, ma resta comunque il fatto che fa tanta paura.

E a tutti i maturandi, un grosso in bocca al lupo.