cronaca

1 minuto e 33 secondi di lettura
 I medici sono allo stremo: ore e ore di super-lavoro che si accumulano sulle loro spalle e su quelle del personale infermieristico, costretti a coprire i buchi di organico che nessun burocrate della sanità regionale è in grado di chiudere.
In queste condizioni riuscirà la sanità pubblica della Liguria a reggere?


Passata dall’impronta burlandiana con i medici che posavano sui manifesti elettorali del governatore a quella totiana, dove il privato esce voglioso dal limbo in cui era stato costretto almeno per due decenni, la sanità della Liguria non ha ancora trovato la sua strada, nonostante i proclami spesso un po’ trionfalistici dell’assessore leghista. I dati nazionali che riferiscono di medici al limite della esasperazione e, in particolare in Liguria con una età media piuttosto alta, anche per chi deve farsi notti su notti per mancanza di organici. E per questi motivi medici che dopo anni di onorato e benemerito servizio nella sanità pubblica, decidono di scappare, rifugiandosi nelle accoglienti braccia di una sanità privata generosa, che offre loro strutture moderne e efficienti, confort, alte potenzialità e ottimi stipendi.


In Liguria quello che viene annunciato dall’assessorato e dai nuovi burosauri col camice bianco catapultati dal lombardo-veneto non è mai supportato dallo straccio di un numero, di un dato. Due li vorremmo conoscere. Il primo: quante sono le fughe di liguri fuori regione per farsi curare? Quale è lo stato delle liste di attesa?


Se potessimo conoscere questi due numeri un ragionamento sullo stato di salute o comatoso (a seconda dei punti di vista) della salute pubblica sarebbe possibile. Con proclami e trionfali annunci (come quello dei Dipartimenti inter-aziendali) non si tiene in vita una sanità. Magari potrebbero raccontarci anche a che punto è l’operazione Ospedale di Erzelli dopo la tragedia del ponte Morandi. Chiediamo troppo?