Politica

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Molti anni fa, da studente, sentivo parlare di crisi della scuola. Così da docente e da preside. Con triste lucidità ritengo che oggi non si tratti più di crisi, ma di qualcosa di più grave. Forse siamo giunti al collasso del sistema. Qualcuno potrebbe darmi del catastrofista e sarei ben contento di essere veramente tale, sarei felice di sbagliarmi. Purtroppo diversi segnali, allarmanti e tragici, testimoniano la mia convinzione. I motivi sono molteplici e si possono rapidamente elencare, almeno succintamente: fine di un paradigma culturale che durava da cinque secoli, globalizzazione, postmodernità, nuovi sistemi, spesso discutibili, di trasmissione della cultura, tramonto dell’occidente.

Questi sono motivi generali, internazionali, che riguardano tutto il mondo occidentale. Poi esistono questioni endogene, tutte italiche, spesso gravi, quasi mai serie: pactum sceleris tra alta amministrazione ministeriale e burocrazia sindacale, abuso a fini elettorali della scuola con conseguente reclutamento sciagurato ope legis degli insegnanti, la barzelletta dei decreti delegati che perdura dal 1974, assemblearismo ridicolo e pernicioso, deformazioni ideologiche da avanspettacolo, invasività genitoriale direttamente proporzionale all’irresponsabilità, mancanza di autorevolezza di docenti e genitori e degli adulti in genere et similia… potremmo andare avanti ad libitum.

Sono un uomo di scuola e penso che educare i giovani sia un privilegio. I giovani mi hanno aiutato a vivere, a diventare ciò che oggi sono nel bene e nel male, a comprendere e non giudicare, a studiare. Gli studenti che ho educato mi hanno insegnato l’ascolto, l’attenzione che si deve all’altro, i rischi del pregiudizio. Prima regola per i docenti: non lavorate nella scuola se non volete bene ai giovani. Poi vi invito a riappropriarvi dell’orgoglio e della dignità che i barbari vi hanno tolto riducendovi ad impiegati, vi esorto a rientrare in possesso della vostra funzione magistrale che è quella dell’educare, quella del Maestro.

Visto che la guerra è perduta e i barbari stanno conquistando e distruggendo tutto – barbari che non vengono da fuori ma sono dentro l’impero – ritiriamoci in luoghi nascosti e continuiamo a combattere. Con che armi? Con le armi della cultura classica, della filosofia, della storia, della scienza autentica che non si riduce alla techne o ai tecnicismi. Chi sono gli odierni Unni? Sono coloro che ci hanno ridotti così miseramente con la nostra complicità e debolezza: decisori politici incuranti del valore della scuola, vertici sindacali che spesso giocano con la pelle di ragazzi e professori, alcuni finti docenti che hanno svilito il mestiere più alto e nobile del mondo, pedagogisti e psicologi frustrati che parlano di libero sviluppo della personalità e non sanno che l’idea del libero sviluppo della personalità sembra degna d’ammirazione finché non incappa in individui la cui personalità si è sviluppata liberamente.

Ma io mi sento sodale con i miei nemici – soltanto gli sciocchi non si sentono tali - o perlomeno complice perché ho chiuso gli occhi, ho finto di non capire cosa stava accadendo. Nulla di quanto accade è necessario, ma tutto lo diventa una volta accaduto. Un misto di viltà e aristocratico disprezzo. Comprendo i rischi romantici e tragici della mia posizione, ma non vedo altra possibilità se non quella del paradosso. D’altra parte il contrario di romantico non è classico, ma… imbecille. Il più grande errore moderno non è l’annuncio della morte di Dio, ma l’essersi persuasi della morte del diavolo. Il diavolo troneggia su un regno di noia e disinteresse.

La scuola è, in molti casi, questo regno. Un regno dove è assente l'educazione emotiva e dove i giovani oscillano tra ribellione (quando non si riesce ad esprimere il proprio pensiero si sceglie spesso la rivolta), alcool e droga. Qualcuno obietterà che compito della scuola non è prendersi cura dei fattori emotivi. In realtà non esiste apprendimento senza gratificazione emotiva. Senza cuore non si realizza nulla.

Cari docenti non possiamo restare neutri. Dobbiamo sporcarci le mani. L'adolescenza, e noi lavoriamo di solito con gli adolescenti, è caratterizzata da ansia, incertezza, frainteso senso della libertà, malinconia. Tutto ciò è inquietante, ci può spiazzare, ci mette in difficoltà perché l'adolescente ci ricorda ciò che eravamo e che spesso abbiamo rimosso in nome del principio di realtà. Non possiamo affrontare la malinconia dei giovani con intento consolatorio. Questo non ci verrà perdonato.

Ricordiamoci che spesso il malinconico esprime una verità sull'esistenza che noi adulti nascondiamo con l'euforia. Anche noi spesso siamo malinconici, ma seppelliamo questo sentimento sotto la coltre dell'esistenza inautentica. La grande difficoltà del nostro mestiere consiste nel conciliare attenzione verso i giovani con la giusta severità che occorre nell'educare, senza tentennamenti verso facili e pelosi buonismi o posizioni di chiusura che portano soltanto a tragedie adolescenziali. Non è semplice. Occorrono alcuni requisiti: grande cultura, passione, amore verso i giovani, equilibrio e carattere fermo. Chi non si riconosce in tutto ciò è pregato di accomodarsi da un'altra parte.

* Preside