porti e logistica

Le domande di Primocanale finora senza risposta
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A un anno e dieci giorni dall’incidente che lo ha visto protagonista nel Bacino 1 delle riparazioni navali di Genova, il maxi yacht Nero, un panfilo extra lusso da novanta metri, continua a far parlare di sé: la sua è una storia triste e oscura, che rischia di costare milioni alle tasche dei contribuenti.

Tutto inizia il 10 settembre 2019: la barca è in secca in una delle vasche dell’Ente Bacini di Genova, soggetta a opere di refitting a cura dalla ditta Amico & Co, quando improvvisamente si accascia su un fianco. Cosa sia realmente successo è oggetto delle indagini della magistratura: il risultato è che lo yacht, precipitando nel bacino vuoto, si è pesantemente danneggiato e ha ferito lievemente sei persone. (LEGGI QUI)

L’incidente mette a nudo una prima incongruenza
perché, dai documenti ufficiali di Ente Bacini, la vasca in cui si trovava la barca non doveva essere disponibile al noleggio, essendo in attesa dell’avvio di un cantiere per il suo restauro: l’arcano è svelato piuttosto in fretta quando si scopre che l’Autorità di Sistema portuale, proprietaria all’89% di Ente Bacini, aveva disposto una proroga ad hoc proprio per i lavori al Nero. Una proroga di pochi giorni, in realtà, poiché il Bacino 1 si sarebbe dovuto trovare sgombro da operai entro il 18 settembre, otto giorni dopo l’incidente. Primocanale continua a interessarsi alla vicenda, ma non ottiene risposte alle domande. (LEGGI QUI)

Il 24 settembre, tra poco sarà passato un anno anche da quella data, la ditta Cimolai (un colosso delle costruzioni, la stessa che ha partecipato alla gara per la costruzione del nuovo ponte di San Giorgio in concorrenza con lo studio di Renzo Piano) avrebbe dovuto aprire il cantiere nel Bacino 1: si tratta di lavori affidati a Cimolai nel 2014 (ormai sei anni fa) e a lungo rimandati. Quando finalmente tutto sembrava pronto si è messo di traverso, è il caso di dirlo, lo yacht Nero e i tempi si sono ulteriormente dilatati.

I giorni continuavano a passare senza che la barca si spostasse di un millimetro: il motivo dello stallo è da ricercarsi nella querelle legale che si era nel frattempo aperta tra gli armatori dello yacht (un gruppo anonimo con sede in paradisi fiscali) e la ditta Amico: tra perizie, controperizie e lettere minatorie lo yacht restava sul fondo del bacino.

A dicembre, a tre mesi esatti dall’incidente, la vicenda assume contorni ancora più rilevanti per la pubblica opinione: la Cimolai, stanca di aspettare, invia a Ente Bacini il conto del ritardo maturato sull’inizio dei lavori; la somma, cinque milioni di euro tondi tondi, è riferita a tutto il periodo intercorso tra il 2014 e il 2019. Palazzo San Giorgio, allarmato dal pesante ritardo, scrive una dura lettera ad Amico ma lo yacht continua a restare immobile.

Nel frattempo passano i mesi: l’imbarcazione viene alleggerita dei preziosi arredi e poi, dopo l’emergenza Covid che ha costretto i bacini a sospendere i lavori, viene prima raddrizzata, quindi ‘impacchettata’ per essere trasferita ad altro cantiere. A 377 giorni di distanza il Nero è come lo vedete nella foto, un gigantesco ‘pacco’ nel bel mezzo delle riparazioni navali.

Pacco fisico ma anche pacco figurato
per l’Autorità portuale di Genova e Savona che per colpa di questo incidente non solo ha perduto mesi nella ristrutturazione del Bacino 1 (che avrebbe compreso la copertura della vasca, con un importante vantaggio ambientale per i residenti di Carignano, della Foce e del centro storico) ma rischia adesso di pagare il conto a Cimolai del pauroso ritardo.

Primocanale, ancora una volta, chiede: chi dovrà sostenere il pagamento dei danni? Tutti noi (visto che l’Autorità di Sistema è un ente pubblico)? Le coperture assicurative della ditta Amico sono sufficienti per coprire quella parte di richiesta danni direttamente collegata al tempo perduto a causa dell’incidente? Perché ci è voluto così tanto tempo per raddrizzare la barca e quanto ancora ci vorrà perché finalmente gli operai di Cimolai possano iniziare a ristrutturare il Bacino?