Cronaca

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Mazzarello ha ragione. Se il Pd lo fa fuori (lui insieme a altri notabili) per una questione anagrafica, passi. Ma se viene scartato dalla lista per fare posto in Liguria a candidati catapultati da Roma, come la ministra Melandri, non ci sta. E ha ragione. Lo stesso vale per la protesta di Guccinelli che lamenta l’esclusione di nomi del forte bacino rosso sarzanese. I liguri come tutti gli italiani che sono stati scippati dalla possibilità/diritto di scegliersi i candidati, cioè di esprimere le preferenze, chiedono, almeno, di poter avere nominativi di liguri da mandare al parlamento. Non è provincialismo, ma soltanto una questione di sacrosanta rappresentanza. Già che la Liguria è piccoletta e ha sempre contato poco in politica, ma dal poco allo zero assoluto è davvero troppo. Il discorso vale per il partito democratico, ma temo che sarà replicabile in toto anche per quello delle libertà. Questa nuova larga intesta tra sinistra e destra cancella ogni libera scelta dei cittadini.
Si dirà: prima c’erano la preferenze ma hanno sempre scelto i candidati a Roma. In parte è vero, però una chance all’elettore era data. Cancellata questa chance restava la territorialità del candidato, la soddisfazione di avere in parlamento uno di casa, cui rivolgersi, cui portare istanze, le istanze non di un singolo ma di una regione, di una provincia o di una città. Ora mi domando: la simpatica Melandri che cosa mi rappresenta? Le aspirazioni del porto di Genova? La necessità di realizzare infrastrutture che colleghino Genova e la pianura padana? I bisogni di tantissimi anziani della regione più vecchia d’Italia o dei ragazzi che scappano per trovare un lavoro oltre Appennino? Mi ricorda quando Ciriaco de Mita fu messo capolista a Genova soffiando il posto alla sestrese Ines Boffardi. Fu uno scandalo.
Ora tutto è concesso ai professionisti della politica. E il gioco della catapulta, di sinistra e di destra, e forse anche di centro, sta riuscendo benissimo. Vedremo se funzionerà anche sul piano dei risultati.