Politica

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La “bomba” che Fini ha lanciato ieri sera alla Festa nazionale democratica di Genova piomba deflagrante su una campagna elettorale che è già, praticamente, cominciata e che avrà il suo culmine in pieno autunno. Una campagna elettorale che, davvero, darà il segnale decisivo alla situazione politica italiana, così confusa, magmatica, pasticciata e pasticciona. Dirà se Silvio Berlusconi e il suo governo, dove la Lega ha un ruolo “ideologicamente” fortissimo, può andare avanti a sprint per tutta la legislatura, o se invece, dovrà tirare il freno, cambiare, rimpastarsi, chiarirsi, all’interno, in un gioco che dalle stilettate è passato alla sciabola tra ex An e leghisti, con in mezzo, sballottati, i vecchi forzisti della prima ora.

Questa spina, logicamente, si infila, subdola, anche nella pelle delle regionali in Liguria dove, al di là dei sondaggi di parte che danno in pole position vuoi Burlando, vuoi Biasotti, si risolveranno davvero sul filo di lana. Insomma, non ci sono soltanto i problemi interni di un Pd che almeno sta dibattendo in queste primarie con due anime forti, quella di Franceschini che vuole un partito del popolo e meno degli iscritti e quella di Bersani che lancia un partito forte, strutturato sul territorio aperto a un dialogo con l’Udc di Casini.

In mezzo l’outsider Ignazio Marino rappresenta il coté intellettuale, libertario, fuori dagli schemi della politica tradizionale. Un Pd che in Liguria è di fronte alla scelta di un segretario regionale (o Cofferati o Basso) che pesarà moltissimo sulla campagna elettorale e sui programmi. Il Pdl con Biasotti rigioca la carta dell’uomo “quasi nuovo” apparentemente in un centrodestra compatto. Ma l’uscita di Fini rischia di riaprire battaglie, rese dei conti, anche a livello locale dove quelli ex di An soffrono abbastanza la presenza leghista che minaccia di chiedere di più, molti di più in caso di vittoria.