La concorrenza sleale uccide le aziende virtuose. Un refrain (corretto) ripetuto da tutte le associazioni di ogni categoria. Tutte in prima fila contro gli illeciti per salvaguardare il futuro di chi rispetta le regole e i posti di lavoro. Nel variegato mondo dell’informazione questo non accade. Anzi, sindacati e ordine professionale soffrono di quella ‘sindrome di Tafazzi’ per cui da un lato si difendono a oltranza privilegi del passato anacronistici e dall’altro, di fronte a nuove realtà e nuovi modi di interpretare la professione, si alza bandiera bianca. Il riferimento a quanto accade intorno alla realtà dell’informazione su internet è certamente voluto.
Il punto è semplice: tutti gli operatori della rete che fanno informazione devono competere nel rispetto delle regole di concorrenza. Questo per impedire “vittorie truffaldine o colpi bassi e per evitare che vengano falsati gli elementi di valutazione e di giudizio del pubblico, che decreta il successo di una impresa piuttosto che di un’altra”, come citano i principali giuristi della materia. Il rischio? La morte dell'informazione di qualità, con la perdita di posti di lavoro tutelati dalle norme che regolano il mondo del lavoro. Chi ne trae vantaggio è l’altra faccia della medaglia, quella oscura.
E' sempre più evidente che in molti tra siti internet, radio e tv fanno il loro lavoro ‘coi dipendenti degli altri’, con le notizie procurate dagli operatori dell’informazione che rispettano i posti di lavoro a tempo indeterminato. Nell’assenza generalizzata degli organi di controllo, a partire dal decantato ‘autocontrollo’ su cui l’Ordine dei giornalisti punta durante l’esame di idoneità professionale. E con i sindacati legati al mondo dell’informazione sempre più inclini a giustificare una precarietà inaccettabile, soprattutto per chi la deve subire.
E' ora che si prendano provvedimenti seri a difesa dei posti di lavoro di giornalisti che prestano la loro opera in aziende virtuose, che pagano le tasse, che pagano i contributi, che assumono anziché chiedere (finte) collaborazioni occasionali. E' possibile fare interi siti internet, radio, tv con più collaboratori che dipendenti? Perché gli enti pubblici accettano di collaborare con realtà che non rispettano i contratti di lavoro? Copiare notizie, leggerle in radio, pubblicarle on line quando queste vengono prodotte da dipendenti di altre aziende è più facile, sicuramente più economico, ma è anche disonesto.
Ci sono editori che devono vergognarsi perché sfruttano il lavoro di alcuni e si prendono gioco di altri. E con loro, quelli che i professionisti del "copia e incolla" delle notizie. Questo non è più tollerabile da giornalisti, tecnici e dipendenti che prestano la loro opera per aziende serie. Un esercito di persone che rischia il posto di lavoro a causa di chi non rispetta le più elementari norme dell’ordinamento. Ma ora si deve dire basta. Primocanale annuncia un esposto al Corecom, ai sindacati e all'ispettorato del lavoro, che dovranno verificare chi rispetta le regole e chi invece fa il furbo. Per il futuro dell’informazione ligure e di chi ci lavora seriamente.
cronaca
La concorrenza sleale mortifica chi fa informazione di qualità
Primocanale denuncia il fenomeno del "copia e incolla"
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