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Intervenuto a Primocanale ha spiegato: "Basta un solo caso e si blocca tutto"
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 "La ripresa è giuridicamente in dubbio. Il medico sociale è sempre stata una figura esterna alla famiglia del calcio: ora gli si vuole imputare ogni responsabilità". Così a Primocanale Enrico Castellacci per anni medico della Nazionale e presidente dei medici sportiva sulla possibilià della ripresa del campionato di calcio interroto a causa dell'emergenza Coronavirus.


Il protocollo stilato per permettere ai giocatori e agli staff di tornare in campo è molto preciso con tamponi da effettuare a distanza di tempo, test sierologici e quarantena. La ripresa del campionato sarebbe fissata al 13 giugno. "Sarò netto. Concordo sui tamponi da non distogliere alla collettività e sulla quarantena, che è un imput politico. È assurdo, invece, scaricare la responsabilità unica sul medico sociale, tra l’altro l’unica categoria non invitata al tavolo federale. La responsabilità civile e penale è nel dna della professione ma questa, assieme al rischio, va condivisa nei casi straordinari. Già due terzi dei medici di Serie B mi hanno comunicato che si dimetteranno dall’incarico se passerà questa linea" spiega ancora il medico che ha fatto parte della spedizione del vittorioso mondiale tedesco del 2006.


Insomma se da una parte c'è un fronte che spinge per ricominciare dall'altro c'è più di una voce che mette in dubbio la possibilità tra rischi di nuovi contagi, test e ora anche il capitolo della responsabilità dei medici. La domanda che tutti si fanno è quella legata alla possibilità di nuovi caso di positività al coronavirus tra giocatori e staff. A quel punto cosa succederebbe al campionato? "Basta un solo caso, dopo i primi quindici giorni di ritiro, per bloccare la Serie A. Ci sono troppi paletti. Il denaro? È importante, non c’è dubbio: il campionato deve ripartire. Ma il paradosso di addossare ogni responsabilità a noi medici è inaccettabile" conclude Castellacci.