cronaca

Dopo il principio di incendio nel Porto Petroli
2 minuti e 54 secondi di lettura
Era la sera del 17 aprile 2016 quando la rottura dell’oleodotto della Iplom provocò lo sversamento di circa 680 metri cubi di greggio nel rio Pianego e nel rio Fegino per poi arrivare nel Polcevera. Un disastro ambientale definito dall’allora comandante della Guardia Costiera ligure, Pettorino, la sfida più difficile del suo mandato: una chiazza nera invase il mare rischiando di sconfinare in Francia. Sono passati oltre due anni e i depositi della Iplom continuano a far paura ai cittadini di Fegino e Borzoli. Insieme alla paura però c’è anche rabbia perché “dopo i lavori fatti durante l’emergenza non è più stato fatto nulla - denuncia Antonella Marras del Comitato spontaneo Borzoli Fegino - se si verificasse un altro incidente, qui saremmo nella stessa situazione”.

Primocanale l’anno scorso aveva portato avanti un’inchiesta su Porto Petroli e aveva mostrato come l’Iplom paghi solo 1356,22 euro all'anno per far passare i tubi dell'oleodotto sotto il rio Fegino per 755 metri.

Incidenti, seppur di lieve entità, come quello successo venerdì a Porto Petroli fanno tornare alta la preoccupazione tra chi convive con oleodotti e tubi sotterranei.

“Di nuovo dobbiamo dire per fortuna non è successo niente e quindi di nuovo dobbiamo mettere la nostra vita nelle mani del fato – spiega la Marras che poi denuncia - non avendo il piano di emergenza esterno ancora fruibile dalla popolazione, non si sa come ci si debba comportare in caso di incidente di un’azienda a rischio di incidente rilevante, credo che sia una cosa gravissima perché se qualcosa di grave fosse successo a Multedo le persone non avrebbero saputo dove recarsi e cosa avrebbero dovuto fare visto che il piano è completamente fermo e non è a conoscenza della popolazione come invece dovrebbe essere visto che è un’azienda a rischio incidente rilevante e soggetta alla normativa Seveso”.

“Il piano di emergenza è previsto dalla normativa Seveso per questo tipo di aziende e deve essere redatto dalla Prefettura con dei dati dell’azienda, da Comune, Città Metropolitana, Regione poi il sindaco deve portare a conoscenza della cittadinanza di tutte le norme da seguire in caso di incidente e si deve sincerare che la popolazione sappia che cosa deve fare” ricorda.

“C’è poi un altro aspetto gravissimo – prosegue - la legge Seveso al momento non è applicata anche alle condotte che trasportano materiali pericolosi e Genova è piena di tubature sotterranee”.

Fegino guarda a Multedo in questi giorni di agosto e lo fa con frustrazione: “Non è cambiato nulla, i tubi sono dentro l’alveo – spiega - abbiamo chiesto come comitato di sapere dove verranno spostati ma ancora non sappiamo dove vorranno spostarli”.
La bonifica è ferma: Iplom ha chiesto che la parte di bonifica che non sia quella del versante dove è successo l’incidente passi al Ministero dell’Ambiente, il Ministero pare aver detto di sì ma non sappiamo a che punto siamo con l’iter. Secondo quello che ci hanno detto durante l’ultima commissione in consiglio comunale conclude la Marras - sembrerebbe addirittura che gli inquinanti siano sotto i livelli di litri e quindi non servirebbe la bonifica … siamo frustrati e arrabbiati perché non c’è l’attenzione che abbiamo richiesto da oltre due anni”