Politica

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Che un anziano signore debba concludere il suo mandato alla presidenza del porto di Genova chiuso in casa agli arresti domiciliari, fa davvero dispiacere. Ma non è la rituale “solidarietà umana” che è stata spesa con così grande generosità dal mondo politico in un recente caso giudiziario nazionale. Fa proprio dispiacere perché Giovanni Novi rappresenta una vecchia imprenditoria genovese fatta di stile e intelligenza, dove certamente si sono fatti fior di affari, ma sempre con una buona dose di signorilità di modi e di atteggiamenti. E quindi di onestà intellettuale.

Ma toccare il porto di Genova evidentemente è molto pericoloso. Lo scalo è un concentrato di intrecci, nodi, grovigli, interessi, appetiti che sono difficilmente misurabili. Laddove al centro ci sono proprietà pubbliche, le aree così rare nell’angusto territorio genovese, che valgono traffici e oro, è naturale che crescano interessi enormi, gli uni in contrasto con gli altri. Se entra un imprenditore ne deve uscire un altro. Non c’è spazio per tutti. Giovanni Novi ha avuto l’ambizione di mettere tutto a posto. Si è illuso e ci ha provato, forse con metodi non opportuni, ma questo lo stabiliranno i magistrati. Di sicuro Novi non ha preso mazzette. Il compito per Luigi Merlo che domani, probabilmente, diventerà il successore di Novi, è immane. Merlo è un politico paziente, sopporta con cristiana rassegnazione beghe di corrente, sembra essere preparato. Ora deve davvero mettere in ordine questo porto delle nebbie e degli intrighi. Pena una caduta di valore commerciale che sarebbe inarrestabile, soprattutto dopo questa devastante implosione. Se Genova lascia che cresca la cancrena sui moli non avrà alcuna prospettiva di crescita.