cronaca

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E’ sicuramente giusto, oltre che obbligatorio, fare un dibattito pubblico sulla nuova Diga foranea, che i genovesi hanno progettato per agganciare il proprio porto al futuro.


E’ anche utile seguire, grazie a Primocanale, i contenuti di questo confronto su un’opera colossale e per molti aspetti decisiva: se saremo capaci di costruirla resteremo ancora la Superba, se non ce la faremo rassegnamoci a restare una città in declino, con un porto piccolo piccolo.


Ma a me quello che colpisce di più è la differenza tra questa decisione e quella che appena oltre un secolo fa consentì di costruire la prima Diga, quella finanziata dal Duca di Galliera Raffaele de Ferrari, una specie di Rhotschild italiano e genovese, un uomo dal patrimonio sconfinato e dal genio finanziario assoluto per quei tempi.


Allora, fine Ottocento e primi Novecento, bastò che De Ferrari decidesse di lasciare allo Stato e alla “Municipalità”  genovese 20 milioni di allora per rifare il porto e l’operazione partì.



Mica c’era da fare dibattiti e tanto meno calcolare costi e benefici. C’era quella incredibili donazione, spiegata dalla generosità del Duca ( e forse anche un po’ dal fatto che lui e sua moglie, Maria Brignole Sale, non avevano eredi capaci di gestire il loro patrimonio) e questo era sufficiente.

Il benefattore scrisse una lettera con le condizioni per usufruire del suo lascito, elencando le ragioni della sua decisione, i tempi e i modi nei quali la operazione andava compiuta. In fondo c’era scritto praticamente di fare presto, in modo che l’opera, nelle sue parti essenziali, fosse pronta quando gli svizzeri avessero terminato di costruire la Grande Galleria del Gottardo.


Insomma a fine Ottocento la situazione era, infrastrutturalmente, come quella di oggi. Lavorare per tenere collegata Genova al grande hinterland verso il Nord Europa d’accordo con gli altri Paesi.



Ma allora valevano solo la volontà e i soldi del Duca. Oggi ci vogliono le decisioni, i dibattiti pubblici, i confronti con mille autorità, con tanti soggetti, i finanziamenti del Recovery Fund, i pareri ambientali, quelli dell’Enac, che ha a cuore il destino dell’aeroporto, i cambi di governo, e chissà quanti altri passaggi.



Quando passo davanti alla statua dedicata al Duca, che Bucci ha fatto giustamente e finalmente piazzare sulla Rotonda di via Corsica, immagino quello che penserebbe lui, osservando dall’alto, ma non molto da lontano, le banchine del “suo” porto. Ma come si sono complicati la vita con questi tempi moderni!