cronaca

Cosa avreste fatto se vi avessero tolto di brutto gli anni tra i quattordici e i diciotto?
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In questi giorni si semifesta che festa non è, di primavera pasquale che primavera pasquale non è, di voglia di libertà che libertà non c’è, vedi frotte di ragazzi che girano per la città un po’ con la mascherina giù, un po’ con mezza mascherina, un po’ senza mascherina, ma tutti con negli occhi quella spensieratezza che solo loro possono avere. Cercano spazio, cercano aria, cercano compagni, amici vecchi e nuovi, cercano conoscenze, contatti, cercano di volare come usciti da una gabbia che sanno benissimo non è ancora aperta. Domani si richiude, fra un’ora si richiude. Dopodomani chissà.

I ragazzi, gli adolescenti, ma anche i bambini, quelli più piccoli, stanno pagando un costo umano al tempo terribile che viviamo con la pandemia, di cui ci occupiamo poco o niente. Sappiamo che c’è, lo denunciamo, ma poi ci giriamo dall’altra parte. Non ci sarà nessun Recovery Fund che tenga per risarcire questo tempo perduto dalle generazioni più giovani. Hanno scritto libri anni fa per denunciare “gli sdraiati”, le generazioni adolescenziali che passavano molto tempo stese con il telefonino, il tablet, la play station. Quegli sdraiati sono diventati dei condannati.

Cosa avreste fatto se vi avessero tolto di brutto gli anni tra i quattordici e i diciotto, quelli più fervidi, quelli dove si cresce, dove si fanno gli amici della vita, dove si conosce non solo l’amicizia, ma il primo amore, i primi sentimenti.? Di che vi sareste privati se avessero cancellato tutto per ridurvi a stare chiusi in quella gabbia, la scuola a distanza, gli amici solo con il telefonino, la ragazza o il ragazzo lontani, irraggiungibili?

Cosa avreste fatto da bambini se vi avessero tolto la gioia dei giochi sfrenati senza limiti e vi avessero rimesso in quella gabbia, se il vostro mondo sarebbe stato fatto di divieti, di mascherine, di nonni spariti o visti da lontano, di mani da lavare sempre? Il furto di giovinezza, di adolescenza, di infanzia libera continua e sappiamo che non finirà qua e sappiamo che non è dettato altro che dalla necessità di una sacrosanta difesa della salute. Ma nessuno lo risarcirà questo costo umano incalcolabile. Nessuno potrà restituire gli anni perduti, anche se poi tutto andrà meglio, come ci si augura con tanti tremori.

Non c’è un Recovery Fund per le generazioni giovani, almeno che gli educatori non si inventino qualche cosa che integri il tempo perduto, la formazione umana, scolastica, sociale strappata dalla pandemia. Quando cresceranno, quando saranno grandi, diventati da bambini ragazzi, da ragazzi uomini, avranno come una ferita da qualche parte, una cicatrice e ricorderanno quella casa-gabbia, quel divano obbligatorio, quello schermo di computer come un incubo. E rincorreranno i sogni che hanno perduto come nessuna generazione prima di loro, perché anche sotto le bombe della guerra si giocava, ci si incontrava, ci si innamorava. E oggi non si può: solo spicchi di cielo, schermi di telefonini e computer una voglia terribile di correre via e non fermarsi più.