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Il trionfo dell'Italia agli Europei costruito da Mancini con l'esempio dalle fondamenta
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Il trionfo della Nazionale all’Europeo è un capolavoro firmato da Roberto Mancini, entrato nella Hall of Fame del calcio italiano ed internazionale attraverso un’impresa a cui, a parte lui stesso, nessuno credeva: ricostruire dalle macerie di un Mondiale mancato una squadra in grado di tornare a vincere dopo appena tre anni e mezzo dalla discesa agli inferi.



E ci è riuscito attraverso la strada più bella: quella della condivisione. E’ come se, dopo la respinta di Donnarumma sull’ultimo rigore di Saka, si sia compiuta una nuova unità d’Italia, il Paese più colpito dallo tsunami di una pandemia devastante sul piano sanitario ed economico.



Mancini ha cominciato a costruire il suo capolavoro dalle fondamenta, ovvero dal suo staff: ha chiamato a sé tanti professionisti ed amici per dare l’esempio di come si possa e si debba lavorare in gruppo senza invidie reciproche per l’obiettivo comune della vittoria.



A questo organico, appena si è conclusa la trattativa del mancato acquisto della Sampdoria, ha aggiunto la ciliegina, Gianluca Vialli: “Ci ha insegnato – ha detto Florenzi – come comportarci in ogni situazione, senza il suo apporto non avremmo vinto”.



Luca e Roberto, Mancini e Vialli, i fratelli d’Italia che il mondo adesso ci invidia. E chi lo avrebbe mai detto, durante l’epopea blucerchiata, che il più trainante sarebbe stato proprio lui, il Bimbo ribelle, quello dal carattere istintivo, mai domo, inquieto, capace di epiche arrabbiature e straordinari gesti di generosità.



Quel Bimbo è diventato uomo, un uomo maturo, saggio e carismatico, intimista, al punto da costituire un modello ed un punto di riferimento persino per Gianluca, che era il più smaliziato della coppia, quello più “avanti”.



I calciatori hanno recepito il “messaggio” e si sono adeguati, dai mostri sacri Donnarumma, Bonucci, Chiellini, Verratti, Jorginho, ai rampanti Barella e Chiesa sino ai gregari di lusso Spinazzola, Locatelli, Pessina e tutti gli altri. Non un rancore, non una polemica, non una parola fuori posto o un atteggiamento sbagliato.



Mancini ha dedicato una fetta di questo suggello ai sampdoriani, ma senza dimenticare tutti gli italiani che hanno sofferto e gioito in questo mese di Europeo itinerante. E la Nazionale ha saputo rispecchiare il Mancio di oggi: equilibrato, intriso di spirito di sacrificio, umile e sfacciato al tempo stesso.



E l’intero Paese si è rispecchiato nei valori forti e fondanti di questa squadra di amici. Mancini e Vialli, secondo la stampa nazionale del tempo che oggi li idolatra, erano gli eterni immaturi. Ci hanno messo un po’, ma hanno vinto loro. E lo hanno fatto a Wembley, dove, come ha sottolineato il commissario tecnico dell’Italia e degli italiani, si è chiuso un cerchio.