Non c'è dubbio che Beppe Grillo possa festeggiare. Non c'è dubbio che il premier Matteo Renzi abbia di che riflettere. Ma Berlusconi, Silvio Berlusconi, davvero ha perso? Anche per leggere il dato di Savona, dove Pd e centrodestra vanno al ballottaggio, ma subiscono una copiosa emorragia di voti (oltre a un allarmante calo del 7 per cento di elettori), bisogna partire da quanto accaduto a Roma.
Qui i 5 Stelle fanno il pieno, ma i sondaggi già lo annunciavano. La sorpresa, semmai, è la dimensione del successo. La vera sfida, però, era per l'altro posto al secondo turno: il "piddino" Roberto Giacchetti o la pasionaria Giorgia Meloni, sostenuta dal suo partito, Fratelli d'Italia, e dalla Lega?
A ben vedere, Alfio Marchini non c'entrava nelle previsioni per l'accesso alla sfida finale. O meglio, non c'entrava in sé e per sé. È stato determinante, invece, per fare interdizione sulla Meloni. L'M5S sarebbe stato comunque irraggiungibile, ma la strada per il ballottaggio poteva essere spianata.
E questo riporta al quesito iniziale: davvero Berlusconi ha perso? O lo riteniamo tutti ormai irrimediabilmente rincoglionito, oppure non è credibile che non sapesse quale fosse l'ineluttabile destino di Marchini. Berlusconi è stato l'uomo che elevato a sistema l'utilizzo dei sondaggi, ha sempre avuto un sesto senso nel leggere gli umori della pancia del Paese e delle grandi città, ha sempre calcolato con precisione certosina quale fosse il suo interesse politico e quello personale. Ben sapendo anche quando l'uno e l'altro si incrociavano.
A fronte di tutto ciò, e pur concedendo qualcosa all'anagrafe incalzante, non si può ragionevolmente credere che l'ex Cavaliere abbia scatenato il casino di Roma solo per fare dispetto al leader della Lega Matteo Salvini. Qui riprende fiato l'indiscrezione dell'inciucio ufficioso fra Berlusconi e Renzi. Per la serie: tu premier non apri bocca sulle operazioni che riguardano il riassetto del mio impero, con particolare riferimento alle sorti di Telecom e della Fininvest tutta e io ti metto nelle condizioni, a Roma, di andare al ballottaggio. Il minimo sindacale, ma probabilmente anche il massimo conseguibile dal Pd dopo il disastro della giunta Marino e lo scandalo di Mafia Capitale.
Fantapolitica? Allora qualcuno dovrebbe spiegare perché Berlusconi non ha mandato a rotoli il centrodestra unito in tutte le altre grandi città, cominciando da Milano. Se fosse una questione strategica, connessa ai rapporti con la Lega, questo sarebbe dovuto avvenire. Anche a costo di pagare un prezzo altissimo. Invece all'ombra della Madonnina il centrodestra se la giocherà e a Napoli ottiene il risultato di andare all'ultimo game contro De Magistris, dunque facendo meglio del Pd e dei grillini.
Dato questo scenario, veniamo a Savona. Il Pd vince il primo turno, ma lascia sul campo una marea di voti. Il centrodestra subisce analogo destino in termini di riduzione del consenso, ma approda alla finale superando di un niente il candidato 5 Stelle. Sotto il Priamar era il governatore ligure Giovanni Toti ad essere atteso al varco.
La sua ricetta politica che fa leva sull'unità del centrodestra un primo risultato lo ha conseguito. Poi si può discutere sul fatto che nella capitale si sia speso per impedire la divisione Meloni-Marchini, ma che cosa avrebbe dovuto fare, essendo la sua vittoria dello scorso anno figlia del grande abbraccio nel centrodestra? Se si vuol dire che il teorema Toti esce indebolito bisogna ignorare quanto avvenuto a Milano, dove la coalizione unita ha fatto il pieno. Però sarebbe un modo strumentale e monco di leggere l'esito della consultazione.
Di più. Per comodità e anche per suggestione, noi giornalisti abbiamo lanciato il "modello Toti" come nuovo filone politico. In realtà di nuovo non c'è niente e questo filone ha un genitore bene individuato: il Berlusconi che nel 1993, sempre alle comunali di Roma, disse "voterei per Fini". C'è chi sostiene che la parabola politica di Silvio iniziò lì e che lì, proprio nella capitale, oggi finisce. Non sarei così tranciante.
Allo stesso modo è prematura qualsiasi certezza, positiva o negativa, sul destino di Toti come protagonista della politica nazionale. Se non addirittura come leader del centrodestra. Le variabili sono ancora molte, a cominciare dal referendum costituzionale di ottobre. E poi c'entreranno pure i rapporti personali e di forza fra Toti e Berlusconi, fra Toti e il cerchio magico di Arcore, fra Toti e Salvini, fra Toti e Maroni, fra Toti e la Meloni. Il puzzle è complicato. Ma intanto la tesserina con il faccione sorridente del governatore ligure è lì. Chi vivrà, vedrà.
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Il Berlusconi che perde ha vinto, Milano e Savona premiano Toti
Credibile il patto con Renzi, solo l'M5S può far festa
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