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E così vince la politica delle occasioni perdute
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Gli ultimi arrivati sono i giapponesi di Hitachi in Ansaldo Sts. Prim'ancora, ecco i cinesi di Shangai Electric in Ansaldo Energia e gli emiri del fondo Mubadala in Piaggio Aero. Senza dimenticare le multinazionali presenti nei porti o gruppi quali Finmeccanica e Fincantieri oppure Malacalza ed Erg giusto per stare in casa. Ma chi l'ha detto che a Genova e alla Liguria mancano i grandi interlocutori per tentare di portare avanti i principali piani di rilancio e sviluppo?

Un piccolo esempio di quel che bisognerebbe fare lo ha dato di recente il governatore Giovanni Toti, che ha preparato la valigia e si è inviato in Svizzera per parlare con Gianluigi Aponte dei progetti in cui l'armatore potrebbe avere l'interesse a farsi coinvolgere. Cominciando dall'aeroporto Cristoforo Colombo. Non so se questo si possa definire "marketing territoriale" in senso proprio, di sicuro c'è che Genova e la Liguria finora non hanno saputo offrirsi, al meglio o addirittura per niente, ai potenziali partner di cui possono disporre appena varcato l'uscio.

Il caso forse più clamoroso è quello del fondo Mubadala, interamente in mano al governo di Abu Dhabi e che, fra l'altro, opera nei settori aeroportuale, delle infrastrutture e della sanità. Ora, con tutti i problemi che Genova e la Liguria hanno in quegli ambiti, possibile che nessuno abbia sentito il bisogno di alzare il telefono e invitare gli emiri almeno a valutare uno dei dossier che sono aperti, ma fermi lì, da anni?

Un'altra vicenda emblematica rischia di diventare lo sbocco a mare di cui necessita Ansaldo Energia dopo aver acquisito un pezzo della francese Alstom. In realtà quella banchina all'azienda servirebbe da sempre, ma ora il bisogno si fa più stringente. Come giustamente osservato da Gilda Ferrari sul Secolo XIX, "per ora parole tante, ma fatti nessuno". Neanche lo straccio dell'immediata richiesta di un incontro con il governo per vedere se e come Palazzo Chigi possa dare una mano. Andando oltre, però, che cosa impedisce di ragionare sul modo in cui Shangai Electric potrebbe fare da apripista per coinvolgere altri gruppi cinesi, soprattutto finanziari, sui progetti genovesi e liguri? Tanto per dire, il Bluprint, di cui ci sta riempiendo la bocca in queste settimane.

Ovviamente occorrono condizioni precise, come un ritorno certo degli investimenti e tempi altrettanto sicuri (non biblici, come l'esperienza purtroppo insegna) nella realizzazione delle opere. In più è indispensabile che Genova e la Liguria siano più facilmente raggiungibili, con ciò andando a comprendere meglio quanto siano essenziali infrastrutture quali il Terzo Valico, la Gronda, il completamento del raddoppio ferroviario del Ponente e della Pontremolese, l'Aurelia bis e via elencando anche scendendo nella dimensione degli interventi.

A ben vedere, come nel Gioco dell'Oca il lancio dei dadi prima o poi riporta alla casella iniziale, che nello specifico è quella della politica. Tocca ad essa creare le condizioni affinché i grandi partner potenzialmente a disposizione siano attratti dalla volontà di fare business in Liguria. Ma non è esattamente l'attività primaria in cui si è impegnata negli ultimi quindici-venti anni, che la politica genovese e ligure ha invece trascorso molto ripiegata su stessa, fondamentalmente intenta alla conquista e al mantenimento del potere.

La colpa è anche del fatto che in questo periodo si sono cristallizzate delle lobby, politiche e di conseguenza economiche, votate a un conservatorismo che per esempio a Milano e in Lombardia ha al contrario trovato poca cittadinanza grazie all'alternarsi di centrodestra e centrosinistra nella guida della città e della Regione. L'acqua dello stagno si è riossigenata e questo, al netto degli scandali che pure non sono mancati, ha garantito idee e iniziative di cui non c'è traccia alle latitudini liguri.

Se non si vuole nascondere la testa sotto la sabbia, va aggiunto che la responsabilità è anche degli elettori, arresisi all'astensionismo o al "voto di scambio": il candidato Tizio del partito Ics mi ha fatto un piacere, quindi gli dò la preferenza. E chissenefrega se quella preferenza, neanche a così lungo andare, è un danno per tutti, me compreso. Forse prima che politico, c'è anche un problema culturale. Ma questo è un altro discorso.