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Tra i Giovi e via xx settembre serve una nuova salita
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Premessa d'obbligo: quanto segue non deve essere vista come una critica agli organizzatori che meritano solo applausi per aver dato continuità a un'edizione 2020 del Giro dell'Appennino, più forte di facili rinunce post blocco pandemico. 
 
La forza della determinazione dei polceveraschi, in una bizzarra annata dai calendari stravolti, ha riportato così a Pontedecimo e dintorni nomi di prima fascia come non si leggevano da almeno due decenni. Per un certo momento si sperava anche di più, ma Vincenzo Nibali sulla Bocchetta resta tanta roba. 
 
L'Appennino che rischia il tramonto per Coronavirus - e ancora prima per mancate convinzioni istituzionali - ha trovato quest'anno un nuovo entusiasmo proprio nella stagione più difficile. L'ha fatto con un grande lavoro di gruppo e la tenacia, appunto, dei volontari dell'Unione Sportiva Pontedecimo guidata dal neo presidente Enrico Costa.  
 
Scelte come il passaggio dal Castello della Pietra di Vobbia e Crocefieschi o il basilico genovese dop sul palco dei vincitori segnano una strada: maggiore vicinanza al territorio, enfasi di panorami e gastronomia che sono la forza del ciclismo, ovviamente, se supportati da adeguati mezzi di promozione. Un tema già affrontato su questo portale nei giorni scorsi. (leggi link sottostanti). 
 
 
Ora, però, se l'Appennino numero 81 va considerato una sorta di numero zero, aspettando la conferma del 24 giugno 2021, festa patronale del capoluogo, deve essere abbozzata fin da subito una riflessione.


Lo sport professionistico della bicicletta vive per i soldi e per l'immagine. Non solo più per la passione dei tifosi. Pare, dunque, inevitabile non porre più l'arrivo della storica classica d'entroterra sul leggendario traguardo di Pontedecimo dove era rimasto per oltre mezzo secolo. Si deve arrivare nel cuore di Genova e - provare, ma si deve fare di più - a esportare quella cartolina nel mondo.


Pacifico e comprensibile. 


Tuttavia, la forma non può stravolgere una sostanza unica:
gli appassionati di ciclismo sanno che una conclusione a Pontedecimo e una a Genova - 20 chilometri in più di pianura - strutturano una corsa totalmente diversa. La temuta Bocchetta viene svilita, l'ultima salita - i Giovi - dista oltre 30 chilometri dalla vittoria e qualsiasi tentativo di fuga viene ricucito con facilità. La conferma, odierna, con il tentativo di Brambilla sulla Castagnola e un traguardo in volata che per l'Appennino, o almeno per i puristi, risulta avvilente. 


I tempi cambiano e pure le corse. Sarà, ma l'Appennino è storia di arrivi in solitaria o gruppi ristretti. Altrimenti è altra roba. 

  
Che fare? Esattamente come ai tempi di Vincenzo Torriani, che si inventò il Poggio alla Milano - Sanremo per interrompere la monotonia legata all'attesa dello sprint finale, così una Genova che guarda al 2024 come capitale europea dello sport, e vara il numero zero del suo Appennino, avrebbe tutto per rivitalizzare il fascino dei Forti con un'ultima ascesa prima della picchiata su piazza De Ferrari (foto Michele Ghiglione).
 
Già, quelle fortezze che il sindaco vuole rilanciare anche con una seggiovia o ovovia turistica. 
 

Il ciclismo è solo apparentemente sport individuale. Chi crede nella forza del proprio prodotto - e quello di Liguria e dell'entroterra risultano straordinari - deve iniziare a pedalare adesso. O al massimo da lunedì sera, per un Appennino vetrina sportiva e soprattutto promozionale. Senza eguali.