cronaca

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Il bucato steso sventola a pochi metri dal ponte Morandi; una finestra è ancora aperta e lí appoggiata c'è ancora una scarpa; le corde da stendere sono state tagliate per facilitare i traslochi così come i muretti sono stati tagliati, tolti i cancelli; le piante sui terrazzi sono tutte secche, morte, impossibile sopravvivere senza acqua in queste settimane di caldo estivo.

La zona rossa di via Porro sa di morte, un gusto amaro che mi sale in gola. La zona rossa di via Porro sa di abbandono di chi è scappato di corsa e ha lasciato tutto lì. La zona rossa di via Porro è una parte di Genova che non esiste già più..le case sono lì in piedi, salve dal crollo del 14 agosto ma la vita lì non tornerà e si sente.

Le lacrime mi riempiono gli occhi mentre nel silenzio vedo i vigili del fuoco caricare sulla piattaforma alcuni dei 50 scatoloni che ogni famiglia (solo 2 peraone) in 2 ore possono riempire. Il dolore, lo smarrimento attraversa i muri di quei palazzi ed è troppo. È troppo perché su quella piattaforma vedo trasportare a velocità altissima brandelli di vita.

Brandelli di vita raccolti di corsa alla bene e meglio e altri lasciati ancora lì. Alla mente mi torna L' Aquila, quella sensazione di fuga, di vita interrotta che ho provato camminando nel centro storico tra impalcature, silenzio e pezzi di vita abbandonati come i piatti sui tavoli. Brandelli di vita strappati in 2 ore dal proprio rifugio, dal proprio nido e silenzio. È troppo, mi fermo, mi giro vorrei scappare da questo dolore ma non posso è il mio lavoro. Un lavoro che in questi oltre due mesi mi ha permesso di incontrare tante persone, imparare tante cose, raccontare il dolore ma anche la vita. Quella vita che invece è stata strappata alle 11.36 di quel 14 agosto a 43 persone e che non dimentico.