cronaca

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Sta accadendo in modo mediatico cioè a tutti visibile quello che, nel prossimo appuntamento elettorale nazionale, potrebbe essere il nuovo corso politica post-coronavirus. I governatori battono clamorosamente premier e ministri, li esautorano per forza maggiore, sostituiscono con le loro strategie e regole gli indecifrabili decreti del governo, appesantiti dalle esternazioni delle inutili e faraoniche task force da conferenza stampa.


La notte tra sabato e domenica con la riunione a distanza tra il povero Conte, circondato da un gruppo di Disutili, e la vera task force, quella dei presidenti di Regioni (o almeno di alcuni di questi più attivi) questi ultimi con Bonaccini e De Luca da una parte, Zaia e Toti da quella opposta, hanno riscritto in italiano (o in dialetto) l’Enciclopedia dell’incomprensibile, marchiata giallorossa.

Conte sembra avere allargato le braccia: fate pure come volete, ma ve ne assumete tutte le responsabilità. E i governatori le responsabilità se le sono prese sulle spalle, ognuno per il suo territorio, ma anche unitariamente per tutto il Paese. E’ chiaro che ne pagheranno le conseguenze nel bene (speriamo tutti) o nel male.

Lo hanno fatto in modo consensuale (a parte i distinguo del doge campano “Le Roi d’Italie” secondo Le Parisien), lasciando da parte almeno per questa volta, le posizioni politiche, le differenze geografiche, le beghe interne e esterne, i giochetti di corrente o di movimento. Hanno dato un buon esempio di sano decisionismo senza bisogno di stivaloni e fruste. Un esempio di che cosa si intenda con la parola “governare”. Magari questa sensazione durerà poco, magari già oggi ricominceranno liti e ripicche tra Nord e Sud, ma almeno la notte dell’ultimo week end di isolamento è andata così.

Segno ulteriore, se ce ne fosse ancora bisogno, che per governare occorre avere un’ esperienza sul campo, piccola o grande, un minimo di competenza sperimentata a fare da curriculum. Le improvvisazioni possono avere la fortuna di riuscire una volta. Ma a lunga distanza e in particolare nei momenti di crisi ci vuole la capacità dell’amministrare.

Mai come in questo periodo di politici fai da te si sente la mancanza delle scuole, quelle che nel passato ormai remoto sfornavano i “Servitori dello Stato”, la scuole radicate nel mondo cattolico come quelle di tradizione comunista, o quelle di principi saldamente liberal-repubblicani. Le scuole, insomma, dove abitualmente si va (si andava) a studiare. E dove chi ha studiato supera gli esami che, si sa, non finiscono mai.