porti e logistica

Era sferzante, caustico e spesso ironico
2 minuti e 56 secondi di lettura
 Tra la fine del 2019 e questo inizio del 2020 se ne vanno due presidenti del porto di Genova, uno dopo l'altro, come accomunati da un inesorabile destino comune. Dopo Roberto D'Alessandro, il supermanager della rivoluzione nella banchine targata anni Ottanta, se ne va Giuliano Gallanti, avvocato, una vita nel Pci, poi nei Pds, nei Ds, diventato uno dei maggiori esperti di portualità che poteva vantare Genova.

E' mancato a 81 anni, dopo mesi di sofferenza che avevano spento la sua grande passione, ancora vivissima anche quando aveva lasciato i vertici della portualità genovese e dopo di quella livornese. Era un avvocato acuto, raffinato Giuliano Gallanti, che aveva coniugato il mestiere della legge, la sua professione, con una militanza politica fortemente schierata, ma sempre con il suo stile fine di avvocato, di uomo colto, aperto al mondo, a tutto quello che si muoveva complessivaente nella società in evoluzione.

Negli anni Settanta, Ottanta, era lui l'uomo che si occupava molto dei rapporti tra il Pci e il palazzo di Giustizia, seguendo le vicende che scuotevano i partiti, in primis il suo Pci, allora insediato nella “mitica” Salita san Leonardo e la magistratura, che viveva il tempo difficile prima degli “Anni di piombo” e poi di Tangentopoli.

Già nel 1985 era cominciato per lui anche un impegno politico diretto come consigliere regionale appunto nelle fila del Pci che lo avrebbe impegnato fino al 1996 con incarichi sempre più importanti, fino a quando la sua figura venne scelta per il ruolo di presidente dell'Autorità Portuale. Così questo avvocato, esperto di diritto e molto abile nelle relazioni tra giudici, avvocati e politici, amministratori pubblici, era divenato uno dei maggiori esperti di portualità, sfruttando la sua abilità tecnica, ma anche la conoscenza del mondo internazionale (parlava bene il francese e l'inglese).

L'incarico a Genova, nel complicato seguito della fase in cui il presidente socialista del Cap Rinaldo Magnani aveva completato la privatizzazione dello scalo, dopo le rivoluzione di Roberto D'Alessandro e quella instaurata con i famosi decreti Prandini, gli aveva fatto scoprire quella realtà complessa e affascinante delle banchine, delle rotte, dei grandi interessi che si muovevano intorno alle banchine, del ruolo chiave che poteva avere chi stava alla testa di un porto, importante come quello di Genova.

Dopo il filosofo Giuseppe Dagnino
, che regnò sul Cap 17 anni, è stato lui, con gli anni dal 1996 al 2004, ad avere il primato di longevità a Palazzo san Giorgio. Una competenza acquisita in modo tanti efficace da farlo diventare presidente dei Porti Europei. Poi venne Livorno di cui fu presidente e, quindi, dopo l'affronto di non essere stato inserito nella lista dei tecnici esperti di portualità dal ministro dell'epoca Delrio, commissario.

La portualità era così diventata la sua vera professione,
condita dalla passione politica che non lo ha mai abbandonato, fino all'ultimo respiro. Ancora nella primavera scorsa per conto dell'associazione culturale “Le radici e le ali”, di cui era uno dei “motori”, aveva organizzato nel “suo”Palazzo san Giorgio, un importantissimo convegno sulla Via della seta, al quale avevano partecipato illustri ospiti stranieri, messi di fronte al tema urgente e scottante dei rapporti con la grande egemonia cinese sulle rotte del mondo.

Era sferzante, caustico e spesso ironico Gallanti. Mancherà molto alla politica della città, che continuava a seguire con crescente preoccupazione e mancherà a un establishment non solo genovese che considera i porti, le navi, un asse fondamentale di sviluppo.