Lo avevano soprannominato “il sindaco tranviere” per la sua esperienza di sindacalista dei lavoratori di quell’azienda comunale genovese che, allora, si chiamava Uite. Nel 1975, il 2 aprile, con un clamoroso ribaltone dei socialisti che carambolarono l’alleanza con la Dc, divenne sindaco, guidando la prima giunta a maggioranza di sinistra, cioè comunisti del Pci e socialisti. Con Fulvio Cerofolini, Genova divenne la prima “città rossa” e a seguire stessa sorte toccò a Milano, Torino e Napoli.
Cerofolini ha guidato Genova per dieci anni, fino al 1985. Poi è stato consigliere regionale, deputato, ma soprattutto anima dell’Anpi, l’associazione dei partigiani. Ieri erano i dieci anni della sua scomparsa, stroncato da un infarto a 82 anni il 24 maggio 2011.
Vale la pena di ricordarlo perché il decennio 1975-1985 segnò il cambiamento della città, con lati positivi e negativi, avvenuto in un momento drammatico: in pieno terrorismo, siamo infatti negli “anni di piombo” con le Brigate rosse che sparano e uccidono da Coco a Guido Rossa e la città che, come se non bastasse il sangue sparso per strada, vive la crisi della de-industrializzazione.
Nonostante tutto ciò, le giunte rette da Cerofolini, cominciarono un profondo cambiamento della città e delle periferie, dando vita alla città policentrica e scrivendo un piano regolatore che mise le basi della nuova Genova. Giunte che ebbero tra i protagonisti personaggi come Giorgio Doria, primo vicesindaco, poi sostituito da Luigino Castagnola e Pietro Gambolato, Mario Bessone, l’assessore e professore di diritto che lanciò il primo vero piano di recupero del centro storico chiamando a lavorare nei caruggi architetti come Renzo Piano, Ludovico e Alberico Belgiojoso, Cesare Fera, Ignazio Gardella, Luciano Grossi-Bianchi e Giancarlo De Carlo, l’assessore alle Finanze, Franco Monteverde, Pino Josi ingegnere navale, Mario Calbi al sociale, alla Sanità il medico Edoardo Guglielmino e ai Lavori Pubblici, Renato Drovandi a cui si deve, anche se molti lo hanno dimenticato, la ricostruzione del teatro Carlo Felice.
Ma la vera abilità di Cerofolini fu che, lui lombardiano che mai tradì per convenienza le sue idee, pensate un po’… riuscì a andare avanti in pieno craxismo, avendo un rapporto strettissimo con l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Cerofolini si occupava di tutto, dai grandi temi alle cose spicciole con lo stesso impegno, era onnipresente, lavorando fino a tarda ora chiuso nel suo ufficio e spostando nel mese di agosto nella sua casa di Torrazza le riunioni di giunta con cronisti al seguito che venivano rifocillati con superbe merende a base di salame preparate dalla moglie la simpatica signora Ardenia. Passava con nonchance dai portuali alla Regina Elisabetta con consorte al seguito, accolta con eleganza a Palazzo Tursi, dal cardinal Siri con cui parlava in genovese stretto all’ignoto cittadino che lo fermava per strada chiamandolo “Mia Fulviu!”.
Erano gli anni in cui la sinistra faceva il pieno di voti non nei quartieri borghesi come oggi, ma a Ponente dove c’erano le fabbriche e nelle vallate. Dieci anni impegnativi e un sindaco che, forse, meriterebbe una strada con il suo nome.
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Forse Cerofolini meriterebbe di dare il suo nome a una strada
Dieci anni fa moriva il sindaco della prima “giunta rossa” nell’Italia craxiana
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