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Sviluppo dell'inchiesta della procura di Firenze
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Oltre 20 perquisizioni effettuate dai militari della guardia di finanza in case e uffici a Firenze, Milano, Modena, Torino, Bari, La Spezia, Alessandria, Pistoia, Roma, Napoli, Palermo. E' l'ultimo sviluppo dell'inchiesta della procura di Firenze sulla fondazione Open, vera e propria cassaforte renziana, nata nel 2012 con il nome di ' Big Bang' poi modificato, e attiva fino allo scioglimento nel 2018, nel cui consiglio d'amministrazione figuravano Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti.

Open, che nei sei anni di vita aveva raccolto oltre sei milioni di euro
, aveva lo scopo di sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi, come La Leopolda e La corsa dello stesso Renzi alle primarie del Pd, fino all'approdo a Palazzo Chigi e alla campagna per il sì al referendum costituzionale. Oltre all'ex presidente della fondazione, l'avvocato Alberto Bianchi, indagato per traffico d'influenze illecite e finanziamento illecito ai partiti, il primo nome entrato nell'inchiesta, si sono aggiunti adesso altri indagati che avrebbero finanziato Open, dei quali ancora non si conoscono né il numero né l'identità, e nei confronti dei quali vengono ipotizzati a vario titolo i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali.

Nel settembre scorso, durante la prima perquisizione a carico di Bianchi, vennero sequestrati, nel suo studio fiorentino, anche il bilancio della fondazione e gli elenchi dei finanziatori, compreso quello di coloro che non avevano dato il via libera alla pubblicità della donazione. Il 24 ottobre scorso il tribunale del Riesame di Firenze ha respinto La richiesta di revoca del sequestro dei documenti avanzata dalla difesa dell'ex presidente della Open.

Sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori
delle fiamme gialle, coordinati dal procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo e dal procuratore aggiunto Luca Turco, che intendono chiarire i rapporti tra La fondazione Open e, appunto, i suoi finanziatori, sarebbero finiti ora gli imprenditori che avrebbero versato soldi all'avvocato Bianchi sotto forma di consulenza professionale. Soldi che, secondo gli inquirenti, sarebbero poi finiti nelle casse della fondazione che presiedeva il fedelissimo dell'ex premier. La Open, secondo le ipotesi investigative, avrebbe funzionato come un'articolazione di un partito politico. Riguardo a questo, in particolare, l'attenzione degli inquirenti si sarebbe concentrata sulle primarie del Pd del 2012, sul comitato per 'Matteo Renzi segretario'.

Sempre secondo quanto emerso
, gli investigatori avrebbero individuato legami, ipotizzati come anomali, tra le prestazioni professionali, rese dall'avvocato Bianchi di Firenze e da collaboratori del suo studio, e i finanziamenti percepiti dalla Open. Nel corso delle perquisizioni scattate oggi, gli investigatori delle fiamme gialle avrebbero cercato anche carte di credito e bancomat che sarebbero stati messi a disposizione di parlamentari. I finanzieri sarebbero stati incaricati dalla procura di trovare documenti, quali ricevute, relativi a presunti rimborsi spese versati dalla Open ad alcuni parlamentari.Alberto Bianchi, intorno al quale ruoterebbe l'intera indagine, ha diramato una nota.

"Rinnovo La mia piena collaborazione con la magistratura affinché sia fatta chiarezza prima possibile sull'indagine che mi riguarda. Sin da subito mi sono messo a disposizione fornendo qualsiasi atto mi fosse richiesto. Del resto tutte le entrate e le uscite della Fondazione Open sono tracciabili, perché avvenute con bonifico, carte di credito... È stato fatto tutto alla luce del sole. Messo nero su bianco", ha scritto l'ex presidente di Open. Secondo Bianchi, "si sta facendo una polemica strumentale che potrebbe toccare qualsiasi politico e qualsiasi amministratore",