cronaca

Intervista esclusiva a fine indagini all'investigatore della Guardia di Finanza
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 Il giorno in cui è stata annunciata la chiusura delle indagini per il crollo di Ponte Morandi, Primocanale ha intervistato in esclusiva il Comandante del Primo gruppo della Guardia di Finanza Ivan Bixio, uomo chiave dell'indagine che ha guidato la squadra degli investigatori che hanno lavorato senza sosta per venti mesi all'accertamento della verità. L'intervista di Michele Varì.


Quali sono i suoi ricordi di quel giorno? Ero scosso dalla tragedia come tutti, fu una grande sorpresa per noi l'attestazione di fiducia dell'autorità giudiziaria che ci assegnò la delega proprio un paio di giorni dopo il crollo.


Quali furono i primi atti dell'indagine? Iniziammo con la ricerca immediata di possibili video che avevano ripreso attraverso telecamere di sicurezza il momento del crollo. Fummo fortunati a trovare il famoso video Ferrometal, unico tra i rinvenuti che ha filmato tutta la dinamica del crollo per intero. Era la settimana di Ferragosto e le aziende intorno al Polcevera erano tutte chiuse, c'era dunque anche la difficoltà di accedervi per andare a verificare se c'erano dei video che avevano ripreso il crollo.


Abbiamo raccolto anche le domande dei familiari delle vittime: Emmanuel Diaz, il cui fratello è morto nel crollo, chiede se ci sono altri video.
Sì, c'è qualche video residuale, ma sono sempre inquadrature in cui non si apprezza la sequenza. In altri video invece si vede qualcosa dal basso.


Lei dove era quando è crollato il Morandi? Ero in ferie, appena rientrato dal Salento e mi trovavo a Torino. I colleghi mi hanno chiamato appena avvenuto il fatto e sono partito subito per raggiungerli. Sono rimasto scioccato come chiunque perché era un evento che non mi sarei mai immaginato, quasi surreale.


Cosa vuol dire la fine dell'indagine? Significa che abbiamo terminato tutta l'attività investigativa: le indagini hanno dei termini, da questo momento i soggetti indagati potranno accedere a tutti gli atti di indagine che sono stati compiuti. Abbiamo fatto tantissimo, mai mi sarei immaginato, ci trovavamo di fronte a un caso che non era per niente semplice da esplorare, anche la mole di documenti e atti non hanno precedenti. Parliamo di un'indagine dai numeri difficilmente ripetibili.


Qualcuno ora può iniziare a parlare? Molti, andando a leggere gli atti di indagine, potranno chiarire le loro posizioni, offrire ulteriori spunti, contribuire a quella che è la vicenda nella sua interezza.


Quanti uomini hanno lavorato con lei? I ritmi sono stati elevatissimi, siamo partiti con l'indagine del crollo ma c'è stato un allargamento ad altri filoni. Quattro inchieste complessive: la prima sul crollo, poi i falsi report dei viadotti, le barriere fonoassorbenti e l'ultima nata è l'indagine sulla sicurezza e sui controlli delle gallerie dopo il crollo della volta della Bertè. Devo dare grande merito a tutti per il lavoro di squadra, avevamo uno 'zoccolo duro' di circa una quindicina di persone, si è arrivati anche a 20-25 in alcuni momenti.


Ha sentito pressioni, dall'esterno o dall'interno? Pressioni non ne ho sentite, con la magistratura si è lavorato in grande sintonia, con l'autorità giudiziaria il confronto è stato sempre molto produttivo in termini investigativi. Certo, la responsabilità su una vicenda del genere e la preoccupazione di non riuscire a raccogliere determinati elementi c'era. Man mano che si è andati avanti però si è riusciti a individuare delle tracce che lasciavano ben sperare.


Avete usato mezzi informatici incredibili. Sì, un tema di questa indagine riguarda la gestione dei dati informatici, nel tempo abbiamo raggiunto i 60 terabyte di materiale informatico, una enormità, in tutto 36 miliardi di file indicizzati. Non si può analizzare questa documentazione senza sistemi avanzati: è stato creato un sistema innovativo che non ha eguali in Italia.


L'intercettazione piu brutta? Quella dell'ossigeno? Sono state trovate tante intercettazioni telefoniche, chat e registrazioni di prima del crollo, quella a cui lei si riferisce risale a un mese prima del crollo, una conversazione tra due delle figure principali dell'inchiesta che si ponevano il problema di poter utilizzare la tecnica di iniezione di aria nel Polcevera per asciugare l'umidità. La risposta della controparte è stata: "I nostri sono gia corrosi", come se fosse già inutile intervenire. Era un mese prima del crollo.


Ha avuto rapporti coi familiari delle vittime?
Non tantissimi, a parte alcune occasioni ufficiali. Mi ha colpito molto la mamma di Mirko Vicini che è stata più giorni nell'area, fin quando non hanno ritrovato il figlio.


Lei ha un figlio di 10 anni, cosa gli ha detto per spiegare cosa è successo?
Mio figlio conosce l'evento ed è voluto andare vicino al Polcevera. Era molto colpito dal fatto che fosse morto un bambino (Samuele) che aveva la sua stessa età. Aveva fatto per lui un disegno con un campo da calcio perché sapeva che gli piaceva gicoare, lo ha lasciato lì, vicino alle macerie. Gli ho spiegato che bisogna avere cura non solo delle cose proprie, ma anche delle cose della collettività.