economia

Governo cerca tregua ma lavora su più opzioni per il vertice
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Verificare se ArcelorMittal abbia "pilotato" la crisi che da un anno a questa parte ha investito in pieno l'ex Ilva facendole perdere valore per eliminare un concorrente dalla piazza. É questa la principale ipotesi a cui la Procura di Milano sta lavorando nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione del gruppo franco-indiano degli stabilimento di Taranto, Genova e Novi Ligure. A beneficiare della crisi - come i commissari hanno messo nero su bianco nel ricorso d'urgenza presentato venerdì scorso - sarebbe stata la stessa ArcelorMittal, che avrebbe avuto lo scopo di "uccidere un proprio importante concorrente", gruppo di "interesse strategico" per l'Italia.

ArcelorMittal una volta capite le difficoltà del mercato italiano,
potrebbe anche aver deciso di non nutrire più interesse nel settore dell'acciaio e dunque di smettere di investire nel nostro Paese. Tutti scenari che adesso il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Mauro Clerici e Stefano Civardi, insieme alla Guardia di Finanza, avranno il compito di verificare nell'ambito dell'indagine, avviata venerdì scorso sul colosso dell'acciaio. Al momento non ci sono ancora indagati nell'ambito del fascicolo aperto per le ipotesi di false comunicazioni al mercato e distrazione dei beni dal fallimento, e in particolare dal magazzino, per un valore stimato in circa 500 milioni di euro.

I pm milanesi, però, hanno interrogato come persone informate sui fatti due dirigenti di ArcelorMittal e stanno cercando di capire la catena di comando prima di procedere a eventuali iscrizioni nel registro degli indagati.Nel frattempo, i magistrati milanesi hanno anche avviato una seconda indagine, che procede in parallelo rispetto al filone principale, per l'ipotesi di omessa dichiarazione dei redditi di una società del gruppo ArcelorMittal con sede in Lussemburgo. Società che, dalle ricostruzioni effettuate dai magistrati, avrebbe operato in Italia prima del 2015, data in cui il gruppo franco-indiano ha aperto una sede anche nel nostro Paese.

A sostenere le ipotesi delineate dai pm milanesi
ci penseranno i faldoni di documenti acquisiti nel corso della giornata dalle Fiamme Gialle, che si sono recate nella sede milanese di ArcelorMittal in viale Brenta e in quella dell'ex Ilva in viale Certosa. L'obiettivo, da quanto si è saputo in ambienti giudiziari, era soprattutto quello di acquisire i contratti di fornitura stipulati negli ultimi mesi. Dati che poi dovranno essere incrociati con l'inventario del magazzino dell'acciaieria per verificare se ci siano eventuali discrepanze. E anche per questo i finanzieri in mattinata si sono recati nell'impianto di Taranto per una ispezione.

La novità delle ultimissime ore riguarda la ripresa della trattativa tra Governo e ArcelorMittal. Tanto che il premier Conte si spinge fino a esprimere "determinazione e cauto ottimismo" sulla vicenda. A poco più di 48 ore dal vertice decisivo con Lashkmi e Aditya Mittal il presidente del Consiglio si basa innanzitutto su questi due elementi per mettere a segno la strategia su ex Ilva. Sul dossier il capo del governo vuole chiudere. Certo, Conte ha sondato e sta sondando potenziali piani B o C e non è nemmeno esclusa l'attendibilità della pista cinese. Ma fino a venerdì il binario principale resta quello di negoziare con i franco-indiani.

Intanto con un nuova lettera di Ilva
in amministrazione straordinaria ad ArcelorMittal, i commissari si dichiarano contrari al subentro dal 4 dicembre a seguito del recesso dal contratto di fitto. Con una missiva inviata a Mittal e alle sigle sindacali, llva comunica al gestore franco-indiano l'improcedibilità della procedura ex art. 47 (la retrocessione del personale alle aziende concedenti) e ribadisce la responsabilità di ArcelorMittal quale datore di lavoro del personale dipendente: 10.700 unità nel gruppo di cui 8200 a Taranto.