cultura

2 minuti e 3 secondi di lettura
Che possano aprire le librerie da un lato è un buon segno, dall’altro un piccolo rischio. La cosa positiva è che si sia riconosciuta alla cultura il valore di un nutrimento, mai utile e consolatorio o eccitante come in un’ impensabile stagione di isolamento. Leggere fa bene . Come dice Valentino Bompiani “un uomo che legge ne vale due”. Detto questo la libreria non è un negozio da acquisti mordi e fuggi. Anzi. E’ un luogo dove si gira, si guarda si tocca, si sfoglia, si rimette a posto per scegliere un altro articolo e si va avanti così per minuti e minuti. Quindi, il rischio di contatto ravvicinato c’è forse addirittura più che in un supermercato.


Capisco le molte librerie indipendenti che hanno respinto questa possibilità preferendo continuare a vendere con sistemi di consegna a domicilio. Fermo restando che la libertà e la gioia di scegliere un libro fra tanti è indiscutibile.

Inoltre credo che non sia possibile andare alla ricerca di una libreria al di fuori dal proprio quartiere. Chi abita in zone della città sprovviste di librerie è penalizzato. Vedremo che cosa accadrà. Indubbiamente sarebbe sospetto un assalto ai libri solo per amore della letteratura.

Provate a immaginare che accada un fenomeno come quello dell’accaparramento nei supermercati dove è impossibile trovare lievito o alcol denaturato e è stato persino difficile nei primi giorni di isolamento rifornirsi di carta igienica, fenomeno particolarmente sentito nei paesi dove non si usa il bidet.

Ebbene quali sarebbero gli scaffali vuoti delle librerie? Quelli che mettono in mostra “I promessi sposi” che pare abbiamo un riscontro abbastanza sostenuto forse per la vicenda della peste? O la classica “Divina commedia” che ci impegna nella rilettura dell’apoteosi del castigo divino? O “Il giro del mondo in 80 giorni” alla ricerca di una avventurosa evasione simil-vacanziera?

Vedremo. Intanto, restando ancora a casa almeno per tre settimane, proverò una invidia profonda per i boscaioli che, curando la silvicoltura, potranno vagare tra abeti e noccioli, nel pieno rispetto delle ultime disposizioni del dipiciemme. A me non resta che immaginare di essere con loro sul Beigua o sul Faiallo, rinfrescando una canzone di Alberto Rabagliati: “O boscaiolo/il sole sta per tramontar/ lascia il lavoro/ torna al tuo casolar….”. E poi dicono che l’isolamento forzoso non lascia segna nella psiche….