politica

Governo insediato in attesa della fiducia alle Camere e della pienezza dei poteri
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Fa sempre le cose che dice e non sempre dice le cose che fa. Questo il ritratto di Mario Draghi, nuovo presidente del Consiglio; che si era preparato da mesi, da buon primo della classe che fiuta l'incombere delle interrogazioni a sorpresa, alla chiamata di Mattarella. Avrebbe detto, alla prima convocazione pomeridiana del Consiglio dei ministri: “Uniti per mettere in sicurezza il Paese, i bisogni dell'Italia vengono prima degli interessi di parte, il nostro sarà un governo ambientalista”.

Ne fanno parte, in chiave ligure, l'ex guardasigilli Andrea Orlando spedito al fronte del Lavoro, tema assai rovente almeno quanto l'innovazione ecologica di cui si occuperà l'ex capo di IIT Roberto Cingolani. Due nomi previsti da tempo, in un esecutivo nato molto prima di nascere. Le consultazioni sono state infatti un pleonasmo, l'ex banchiere centrale le aveva avviate in gran riserbo in via irrituale, tanto che la composizione sartoriale del governo è così parsa spietatamente conforme al tradizionale vestito della sposa: qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato, qualcosa di blu e una moneta nella scarpa.

Ricomporre il quadro parlamentare, riassorbire l'anomalia dell'antipolitica, governare fino alle prossime presidenziali: mai prima d'ora la funzione di governo era stata un evidente allenamento per il Quirinale. Tutti o quasi affermano di aver vinto la partita dell'esecutivo Draghi, chi perché ne fa parte e chi perché ha il monopolio o quasi dell'opposizione; quando tutti vincono nessuno ha davvero vinto. Più facile delineare il quadro degli sconfitti, corrispondente a chi sosteneva il barcollante Conte come Dorando Pietri sulla pista di cenere di Londra, perché mandarlo avanti voleva innanzitutto dire escludere il romano di Francoforte dalla corsa al Colle: da Veltroni a Prodi, da Franceschini a D'Alema, tutti sono spiazzati dall'arrivo sulla scena di Draghi, che rinvia i giochi agibili al 2029. Tra una vita. Azzoppare Draghi sarebbe il solo modo di riportare i cavalli al canapo: forse nemmeno Renzi, specialista in cospirazioni di successo anche a suo danno, ci penserebbe.

Le stelle collassano per implosione, trasformandosi in buco nero e quindi in antimateria: sembra così seguire le leggi dell'astrofisica anche l'evoluzione del movimento grillino. Di Battista avvia la diaspora, almeno 7 senatori in assemblea annunciano il no alla fiducia, la Lezzi chiede di ripetere il voto su Rousseau e un altro deputato trasmigra nel misto. Ma anche negli altri partiti il fattore D non resterà senza conseguenze: i tre soggetti più convinti azionisti del nuovo governo (PD, Lega e Forza Italia con pianetini centristi) vanno incontro a un periodo di fibrillazioni interne, con i rispettivi segretari più che in discussione. Mai un governo è stato la somma di così tante debolezze; ed è questa la sua forza.

Ecco chi fa parte del governo Draghi