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Il sindaco attacca i suoi dipendenti "che fanno meno"
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Per il sindaco di Genova Marco Doria la situazione legata al dissesto idrogeologico è uno specchio fedele della crisi della politica. “Ho una struttura dirigenziale spesso paralizzata dal timore di prendersi responsabilità”, ha detto il primo cittadino al convegno sugli Stati generali contro il dissesto idrogeologico svoltosi a Genova.

Per il sindaco Doria è sbagliato cercare un capro espiatorio, perché il più delle volte i problemi sono a livello sistemico e non individuale. “Per l'esperienza che ho maturato, senza voler fare lo scaricabarile, vi sono più responsabilità di sistema che individuali. Per anni non ci siamo mossi o lo abbiamo fatto male. Non lo dico per assolvere tutti, ma per evitare che si punti il dico contro un solo responsabile pubblico. Ho un ruolo delicato, non ho una ricetta però bisogna pensarci a questa questione”.

Doria ha posto l’accento su tre fronti di assoluta rilevanza: riforma della pubblica amministrazione, responsabilità del sistema e rapporto istituzioni-cittadini. Nel comune di Genova vi sono 5600 dipendenti, alcuni fanno il loro lavoro mentre altri meno, verso i quali stiamo prendendo provvedimenti per fronteggiare i problemi del presente. Siamo carenti di geologi, abbiamo pochi ingegneri idraulici e non vogliamo che a seguire venti cantieri siano sempre gli stessi due perché altrimenti c'è qualcosa che non va”.

Discutere di dissesto idrogeologico ha senso ma bisogna interfacciarsi con i cittadini”, ha proseguito Doria. “La nostra capacità di affrontare tecnicamente, scientificamente ed economicamente diventa cruciale quando il rapporto tra cittadini e politica è in crisi. Muoverci bene in questi temi vuol dire affrontare anche la crisi della politica: dire la verità e parlare chiaro è un altro modo per riavvicinare il popolo alla politica”.

Il sindaco ha fatto il punto sulle necessità impellenti e sulla situazione che riguarda il capoluogo ligure. “Servono grandi opere idrauliche, oltre che a piccoli interventi di manutenzione, magari in prossimità di rivi o fiumi. Nella realtà che conosco, Genova, vi sono torrenti coperti secoli fa come il Rio Carbonara o il Rio Sant'Anna. Il Bisagno è stato coperto negli anni '30. Gli interventi spesso richiedono tempo per mettere in sicurezza il territorio”

Tra i tanti ospiti illustri all’incontro romano, anche il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, che ha ribadito l’importanza di una crescita culturale per un Paese che deve costantemente fare i conti con il dissesto idrogeologico e con le continue alluvioni. “è necessario far crescere una vera cultura di Protezione civile. Dobbiamo far sì che tutti i Comuni siano dotati di piani di protezione civile conosciuti dalla gente e che possano salvare le vite umane", ha detto Gabrielli.

Il capo della protezione civile ha poi espresso la propria preoccupazione per la sorte della coppia di anziani che risulta dispersa a Carasco. "La salvaguardia delle vite umane è prioritaria e questi due dispersi rischiano di essere un ulteriore tributo alla situazione negativa del paese. Se non prendiamo coscienza dei rischi che corre il paese continueremo ad avere vittime".

Molto duri sono stati, invece, i toni del ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti. "In questo paese non ci saranno mai più condoni edilizi, perché sono dei tentati omicidi alla tutela del territorio", ha detto il ministro. Galletti ha poi annunciato che il governo è pronto a mettere a disposizione 7miliardi in 7 anni per un piano di prevenzione per la tutela del territorio. 5mld arriveranno dai fondi strutturali europei e 2 dal cofinanziamento delle Regioni. Nei primi mesi 2015 partiranno 659 cantieri per un totale di spesa di 1,96mld.

Il dissesto idrogeologico non è tuttavia un problema creato da vuoti legislativi. Almeno questo è quanto ritiene l’Aduc (Associazione diritti utenti e consumatori), che in una nota ricorda l’articolo 1 di un Regio Decreto del 1923. La normativa in questione recitava: "Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme ... possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque."

L'avessero applicata, oggi non avremmo questi problemi. Sono state approvate nuove leggi (n.267/98 e n.365/2000), ma la realtà è sotto gli occhi di tutti”, è lo sconsolato commento dell’associazione dei consumatori.

“Abbiamo speso 61 miliardi, dal 1944 al 2012, per riparare i danni da frane e inondazioni. Sistemare il territorio comporta notevoli investimenti e tempi lunghi”, continua l’Aduc. “Tempi che non si addicono ai nostri governanti presi da appuntamenti elettorali annuali. Così, incrociamo le dita quando si verifica un evento avverso, sperando nella nostra buona stella”.