cronaca

Dove era stato trasferito quando aveva iniziato a collaborare
1 minuto e 24 secondi di lettura
Diventa un giallo la presenza del telefono fisso nell'abitazione dell'ex pentito Vincenzo Scarantino di San Bartolomeo a Mare, in Liguria, dove era stato trasferito quando aveva iniziato a collaborare con la giustizia dopo le stragi mafiose. Nella deposizione al processo sul depistaggio della strage di via D'Amelio, a differenza di quanto detto nel 2013 nel processo a Salvatore Madonia, il sovrintendente della Polizia di Stato Giuseppe Di Gangi, ha detto di avere ricordato "solo da poco" la presenza del telefono a casa di Scarantino. Nel corso del controesame

"Le chiesi se Scarantino aveva il telefono e lei me lo aveva escluso. Ora dice che se lo ricorda, come ha appreso di questa faccenda?", chiede a Di Gangi l'avvocato Rosalba Di Gregorio che nel corso del controesame rappresenta le persone che furono accusate ingiustamente da Scarantino della strage di via D'Amelio.  "Dalla stampa", taglia corto Di Gangi.

Poi l'avvocato chiede: "Lei si ricorda di avere intercettato il telefono fisso di Scarantino a San Bartolomeo?". E il teste: "Me lo sono ricordato in questo periodo. Per le notizie di stampa. Facevamo le intercettazioni nei locali della procura di Imperia". E sulle intercettazioni: "Si ricorda se c'erano colloqui con magistrati?". "No, non ricordo", dice Di Gangi.

"C'erano colloqui con la questura?", insiste Di Gregorio. E il poliziotto: "Non ricordo". Per poi aggiungere: "Non ho ricordi sulle intercettazioni". "Si ricorda se c'erano telefonate in cui Scarantino faceva riferimento al fatto che fosse innocente e che aveva fatto false accuse?". "Non mi ricordo. Non ho mai intercettato telefonate in tal senso", dice.