Genova non è contenta, almeno non del tutto: il Decreto che avrebbe dovuto aiutarla a uscire dalla crisi generata dal crollo del ponte Morandi è arrivato zoppo alla firma del presidente della repubblica Sergio Mattarella.
"Nel testo sono stati inseriti molti provvedimenti potenzialmente utili ma la dotazione economica necessaria ad alimentarli appare insufficiente - ha dichiarato il presidente del porto Paolo Emilio Signorini a Primocanale - la speranza è che in sede di conversione del decreto il parlamento voglia aumentare le poste per finanziare adeguatamente i diversi capitoli".
Signorini fa riferimento ai trenta milioni destinati al porto, un'inezia rispetto al gettito Iva garantito dallo scalo genovese allo stato italiano e pochi rispetto ai novanta milioni che erano stati promessi in una delle bozze che erano circolate. Ma non solo.
La sensazione è che il Governo, impegnato nelle stesse ore nella difficile trattativa sulla manovra economica, non avesse la forza per imporre sacrifici economici maggiori e aspetti ora il contributo del parlamento per fornire Genova di risposte adeguate.
Nelle quaranta pagine del Decreto c'è una buona dotazione di uomini da destinare all'emergenza (250 a tempo determinato, tra questi vigili urbani e personale di protezione civile), contributi alle aziende che hanno perso fatturato (fino a 200 mila Euro), una zona franca (i cui confini dovranno essere disegnati dal commissario all'emergenza Giovanni Toti) su cui si applicheranno speciali esenzioni.
Pochi, secondo gli operatori, i contributi destinati all'autostrasporto (colpito in modo pesantissimo dal crollo) e al porto in generale, anche per la logistica che ha bisogno di interventi urgenti e costosi per non perdere operatività.
Positivo, per i cittadini della 'zona rossa', il fatto che gli indennizzi non faranno cumulo con i redditi personali e non saranno dunque tassati.
Più sfilata, e preoccupante, la posizione di coloro che vivono e lavorano nella cosiddetta 'zona arancione' che infatti, in queste ore, stanno facendo sentire la loro voce.
Infine Autostrade: la società non ricostruirà il ponte, posizione che a Primocanale abbiamo sempre sostenuto. Entro un mese i Benetton dovranno mettere mano al portafoglio e finanziare l'opera senza potersene occupare. Un vero e proprio risarcimento danni.
La preoccupazione che aleggia nella politica locale, però, è il possibile tira molla di ricorsi e controricorsi che potrebbe portare a un pericoloso aumento dei tempi.
Su i quali, per altro, il Decreto non prende impegni precisi: anzi, c'è un finanziamento di 360 milioni in dieci anni che entrebbe nelle disponibilità di Genova qualora Autostrade non pagasse quanto richiesto (trincerandosi dietro un ricorso giudiziario). E' evidente che spalmare la ricostruzione in due lustri sarebbe una tragedia nella tragedia.
porti e logistica
Decreto Genova, tra preoccupazioni e opportunità
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