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Il centrodestra sale al Quirinale per chiedere elezioni anticipate, ma molti lavorano a un governo di unità nazionale
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 La crisi politica assomiglia al cubo di Rubik: sia per la complessità geometrica, sia per i colori. Lo snervante balocco, inventato da un mefistofelico architetto mitteleuropeo, ha infatti tutti i colori in gioco a Roma: il rosso della nebulizzata galassia ex Pci, il bianco dei revanscisti veterodemocristiani, il giallo grillino, il verde leghista, il blu berlusconiano e l'arancione di Toti.

Riuscirà Conte a ricomporre il poliedro? La soglia 156 raggiunta martedì non basta: serve salire a quella quota 170 pretesa, ancor prima che da Mattarella nel colloquio al Quirinale, dallo stesso Franceschini azionista forte del governo, visto che il PD ha maggiore compattezza della più numerosa galassia grillina prossima al collasso termonucleare proprio, appunto, delle stelle.

Senza 170 senatori organici alla maggioranza, così come una ventina di deputati in più di quelli attuali, il governo è infatti destinato a beccheggiare sia in aula che, soprattutto, nelle commissioni: in 10 su 14 Conte non ha i numeri. Di fatto, un esecutivo che esisterebbe senza vivere.

Gli osservatori seguono le mosse di Maria Rosaria Rossi, a suo tempo influente esponente della ristrettissima cerchia di Berlusconi, martedì sera la più sorprendente votante a favore del governo. Un gesto isolato, in polemica con il suo storico mentore, o una mossa da apripista? Di certo la Rossi passerà al Misto, bozzolo del gruppo centrista stabile a sua volta incubatrice del nucleo contiano al centro dei colloqui di ieri tra Mattarella e il primo ministro. Conte vuole cercare nuovi consensi senza aprire formalmente la crisi, perché ha capito che alle dimissioni non seguirebbe in automatico il reincarico.


Le variabili in gioco sono molteplici, come nel rompicapo magiaro. Nel Pd qualcuno cerca i numeri per una maggioranza più forte ma con un nuovo presidente; dalla Farnesina Di Maio intensifica i contatti con gli ex alleati leghisti e qualcuno ricorda quanto avesse detto a giugno Salvini, a proposito della corsa al Quirinale: "Nel Pd almeno in cinque si contendono il Colle, ma possono mettersi l'anima in pace. Il presidente sarà eletto con molta probabilità coi voti di tutti, tranne che del Pd". Un'uscita del 21 giugno scorso, in un'intervista a "Repubblica" passata inosservata o quasi. Se tra i giallorossi il quadro è di alta instabilità, a destra tutti vogliono muoversi ma nessuno intende farlo per primo. Nell'incontro al Quirinale tra Mattarella e la Meloni, Salvini e Tajani, la richiesta di elezioni anticipate è stata tassativa, ma in via informale stesso Salvini si è detto più volte disponibile a un governo di unità nazionale.

Esponenti di rilievo del Pd, di fronte alla prospettiva di scelte difficili da imporre ai cittadini, non escludono una coalizione allargata a forzisti "tendenza Letta", centristi dell' Udc, +Europa e Renzi. Ovviamente con un altro presidente del Consiglio.
Sarebbe - secondo la defiizione congiunta di Calenda e Della Vedova - "la maggioranza Ursula", compattata di là dalle alte mozioni valoriali anche dal bottegaio interesse per una legge elettorale proporzionale. Il capogruppo Pd alla Camera Del Rio: "È un momento grave ed eccezionale. Serve un esecutivo solido e autorevole". Parole che riecheggiano quelle del numero due della Lega Giorgetti: "La crisi non è quella dei numeri in Parlamento ma quella dei numeri dell'economia".

Pur di non cedere Palazzo Chigi, potrebbe essere lo stesso Conte, inebriato dai sondaggi che però a suo tempo avevano illuso Dini e Monti, a spingere per il voto anticipato: tra i grillini si comincia a discutere di una moratoria della regola del doppio mandato, visto che la legislatura non sarebbe completata". Insomma, nel cubo di Rubik la soluzione rischia di trovarsi sulla settima faccia. E i cubi, com'è noto, ne hanno soltanto sei.