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Perché nel 2021 si muore ancora 'per amore'? Ecco gli strumenti che si possono adottare in questi casi
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Chi poteva salvare Clara? È questo l’interrogativo che attanaglia il cuore di tutti coloro che sono rimasti sconvolti dall’ennesimo caso di femminicidio, quello dello scorso venerdì avvenuto in via Colombo a Genova. Nel 2021 si muore ancora ‘per amore’, anche se raptus e amore non dovrebbero mai stare nella stessa frase, come ben sottolinea la vignetta realizzata da Nico Comix. A due anni dall'entrata in vigore dalla legge Codice Rosso, però, questi casi di cronaca nera continuano a registrarsi. E allora sorge spontanea la domanda su cosa possa fare lo Stato per tutelare tutte le donne vittime di violenza.

"Sono state introdotte delle figure delittuose che prima non esistevano con la legge del 2019, ma per evitare che un uomo uccida la propria compagna o ex l'unica misura cautelare che possa impedirlo è l'arresto e la custodia in carcere", spiega Liana Maggiano, presidente dell'Associazione italiana avvocati famiglie e per i minori per la Liguria. "Intanto il 70% delle donne non denuncia mai le violenze subite, che possono anche non essere per forza fisiche, ma minaccie psicologiche, stalking e ricatti. Da una denuncia non scatta l'arresto, perché prima di andare a togliere la libertà personale di una persona ci sono altre misure: dall'allontanamento della casa familiare al divieto di avvicinamento, anche perché l'imputato si presume innocente fino a che non c'è una sentenza di condanna basata su delle prove concrete". 

Non basta una denuncia per fermare il proprio carnefice. Senza contare che, molto spesso, le vittime hanno paura a compiere questo passo, non vogliono per ragioni sentimentali o ancora non colgono la pericolosità della situazione in cui si trovano. Clara aveva presentato una denuncia contro ignoti, aveva allontanato Renato perché rubava ed era ludopatico, ma in cuor suo non avrebbe mai pensato che potesse arrivare a tanto, nonostante le visite dell'ex compagno, persino ad un anno dalla loro separazione. Non aveva paura di lui, come raccontato da amici stretti e familiari nell'intervista in esclusiva su Primocanale (CLICCA QUI)

Ma allora chi poteva salvare Clara? Tutti sapevano, a quanto sembra dalle interviste dei colleghi, che l'uomo fosse comunque sempre nei paraggi e che passasse spesso a trovare la donna nonostante la rottura, ma che cosa si può fare in questi casi? Dato che spesso in questi casi di cronaca nera, chi sta attorno è a conoscenza di situazioni difficili, ma non sa come intervenire. Una terza persona può denunciare solo in caso di violenze fisiche evidenti, altrimenti bisogna rivolgersi a supporti psicologici. "La comunità ha un dovere di tutelare le donne che possano trovarsi in situazioni di pericolo, non bisogna girarsi dall'altra parte. Chi viene a conoscenza di una situazione simile dovrebbe fare rete, non farla sentire mai sola, provare ad accompagnarla in uno dei centri antiviolenza presenti sul territorio o da uno psicologo", spiega Maggiano. "Esistono dei luoghi di accoglienza che nascondono e proteggono non solo le donne ma anche i figli vittime di violenza: bisogna far capire alle donne che devono chiedere aiuto, senza sottovalutare la situazione, senza vergogna. Da sole non ce la fanno, hanno paura e perdono lucidità".