cronaca

Una questione di banale buon senso
3 minuti e 3 secondi di lettura
Per un ventennio le concessioni autostradali "non sono state rese pubbliche" interamente e questo ha provocato "un sacrificio dell'interesse generale", creando una "zona grigia" favorevole all'interesse privato e a discapito di quello collettivo. Se mai ce ne fosse stato bisogno, arriva anche la Corte dei Conti a certificare quanto il rapporto fra lo Stato e Autostrade, controllata da Atlantia, a sua volta posseduta in maggioranza dalla famiglia Benetton, fosse malato. E quanto poco ci sia dunque da discutere, oggi, sul fatto che quelle concessioni autostradali vadano non solo riviste, ma proprio revocate.

Il crollo del ponte Morandi, a Genova, ha provocato 43 vittime,
decine di feriti, uno stato di economia comatoso per la Superba e per la Liguria. Però ha anche fatto venire meno il rapporto di fiducia che in qualche modo deve pur esserci fra chi detiene un bene pubblico in concessione e chi quel bene lo affida. È una questione di banale buon senso, che va oltre le obiezioni che alcuni muovono, avendo pure delle buone ragioni dalla loro parte. Ma, domanda delle domande, come fai a fidarti più di una società i cui proprietari indiretti, i Benetton, si accorgono di quanto avvenuto solo un anno dopo.

E quando se ne accorgono mica chiedono scusa
e mettono mano al portafogli, macché: scrivono una lettera aperta con cui si chiamano fuori, sospendono la buonuscita milionaria al manager di riferimento del disastro, che subito dopo la tragedia avevano promosso, e scelgono un nuovo capo azienda, che però quando cala a Genova mica si consegna a tutti i giornalisti. No, fa aprire taccuini e microfoni davanti a se' solo ad un cerchia selezionata e ristretta di colleghi. Ma fateci il piacere!

E però, c'è tuttavia un però. Deve stava, negli scorsi venti anni, la Corte dei Conti? Dove stava, ad esempio, quando l'ex ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, diceva apertamente che alcune parti delle concessioni autostradali erano coperte dal segreto? Io facevo il direttore di Primocanale quando il suo editore Maurizio Rossi, allora senatore della Repubblica, in quanto componente della Commissione Lavori Pubblici e Trasporti inondava il governo di interrogazioni. E in alcune fra queste scriveva che era impossibile conoscere nel dettaglio i contratti delle concessioni autostradali, perché appena avanzavi la più banale delle domande andavi a sbattere sul muro che subito ti si alzava davanti. Ricordo una telefonata nella quale era particolarmente arrabbiato, per usare un eufemismo: "Ma lo capisci? Mi dicono che certi atti non sono accessibili, me lo dicono ufficialmente e ufficiosamente. Che schifo!".

Rossi lo scriveva in atti ufficiali di questo nostro Stato
, lo diceva ai microfoni di televisioni e ai taccuini di giornali che avevano la buona volontà semplicemente di provare a fare chiarezza. Ebbene, in quei giorni, in quelle settimane, in quei mesi, anche quando si battagliava sulla proroga delle concessioni e sull'aumento delle tariffe in cambio di opere come la Gronda di Genova, dov'era in quei momenti la Corte dei Conti? E dove stavano tutti gli altri organismi di Stato che avrebbero dovuto vigilare ed esprimersi sull'argomento?

Non chiedo dove stesse il Ministero dei Trasporti,
perché prima di Toninelli, questo va riconosciuto all'ex ministro dei Cinque Stelle, la gara era a coprire i contratti, non a renderli pubblici. E quanto ai controlli, sappiamo ormai di dover attendere la magistratura per conoscere se e come venivano effettuati. Dove stavano tutti gli altri, però, bisogna domandarselo a grande voce anche se la risposta la conosciamo, purtroppo. In tutta questa brutta storia, i primi colpevoli, almeno politicamente e operativamente parlando, sono i Benetton. Ma certo non sono gli unici. Auguri!