cronaca

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 Aprire le finestre e trovare le camionette militari. È stato questo il risveglio di una manciata di famiglie in via Porro, ai confini della zona rossa, senza nessuna comunicazione. “Ci sono già anche i camion che poi utilizzeranno per i lavori e sono praticamente sotto casa nostra. Ma se la zona del cantiere non è stata ancora delimitata, quando inizierà la demolizione cosa succederà?”, si chiede Giovanna. “Qui vivono famiglie con bambini, persone anziane e c’è vita. Non potremo vivere con tutti questi camion che entrano ed escono a tutte le ore, noi non esistiamo qua. Quello che vorrei è soltanto la possibilità di scegliere se vivere in un cantiere o meno”. La signora Giovanna continua il racconto di questi ultimi giorni: “A 90 metri dal ponte i rumori si sentono comunque già adesso, non oso immaginare quando lo butteranno giù”.

E la signora Serafina sbotta: “Hanno rotto le palle e abbiamo esaurito la pazienza. Noi siamo disastrati ed esasperati. Ci metteranno le gru anche in casa? Chi vuole restare potrà restare, ma bisogna dare anche la possibilità di andare via”. 

A loro si aggiunge “Chi abitava nella zona rossa è stato costretto ad andare via. Non chiediamo di ricevere un sostegno economico pari al loro, ma comunque anche per noi è stato lo stesso disastro che dovremo vivere nel tempo. Saremo una ventina di persone, ma alcuni vogliono restare. Per me, se il Comune comprasse la mia casa sarei contenta”.

“La mia è anche bella, ci sto volentieri dato che sono 35 anni che abito qui, ci sono i bei ricordi e anche quelli brutti perché qui sono mancati mio marito e mia madre. Ma adesso non reggo quest'incertezza”, continua la signora Angela. E domani riaprirà le persiane “col cuore in gola, con l’ansia".