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Cultura e spettacolo

Diretto da Franco Maresco è stato presentato in concorso alla Mostra di Venezia
2 minuti e 29 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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Il titolo, Un film fatto per Bene, è un gioco di parole: a prima vista significa ovviamente "un film ben fatto", ma qui indica anche "un film in onore di Carmelo Bene", artista anticonformista, attore e regista teatrale e cinematografico d'avanguardia tra i più importanti del secolo scorso che ha trascorso tutta la vita a lottare contro le convenzioni dello spettacolo e contro la critica italiana. Quello che Franco Maresco ha realizzato è un omaggio a questo pioniere compiuto da un altro artista outsider, da sempre spina nel fianco dell'establishment professionale, entrambi apertamente avversi nei confronti dell'influenza tossica della mediocrità e della burocrazia sul cinema, condividendo atteggiamenti cinici, persino nichilisti, sulla vita in generale.

La trama 

Tuttavia, di Carmelo Bene qui c’è poco se non l’intenzione di Maresco di girare un film su di lui. Le riprese però sono un calvario per tutti i soggetti coinvolti e dopo un incidente sul set il produttore Andrea Occhipinti ne ha abbastanza. La produzione viene interrotta e il regista, offeso, scompare senza lasciare traccia. Nel disperato tentativo di rintracciarlo, l'amico e co-produttore Umberto Cantone si rivolge all'autista di Maresco che ha però fatto voto di silenzio riguardo alla sua posizione. Così Cantone incontra diverse persone che hanno lavorato con lui e attraverso i loro racconti e ricordi si fa un'idea di un mondo caratterizzato da idee brillanti, comicità esuberante e caos puro ricorrente. Ma riuscirà a trovare il regista scomparso per poter finalmente completare la sua opera?

Una carriera segnata da scandali e successi  

Vediamo scene scartate del materiale girato da Maresco prima della chiusura della produzione in cui ben poco aveva a che fare con Carmelo Bene ma anche la panoramica di una carriera segnata da scandali e successi, a partire da quanto fatto con il sodale Daniele Ciprí in televisione nel programma satirico Cinico TV su Rai 3 per arrivare al film Totò che visse due volte, commedia assurda e irriverente vietata in Italia con l'accusa di blasfemia. Il tutto tra momenti di impagabile comicità, come la riproposizione della celebre partita a scacchi del Settimo Sigillo di Bergman tra un cavaliere e la Morte che crolla quando la vittima della Morte rivela di non saper giocare a scacchi.

Regista eccentrico e bizzarro 

Insomma Maresco trasforma un progetto cinematografico fallito in una commedia slapstick demenziale e bisogna dargli atto che sa ridere di sé stesso. Il modo in cui si ritrae in questo film, come un regista eccentrico e bizzarro, dimostra una grande consapevolezza di sé. C'è chi l'ha definito un documentario ma non è del tutto corretto. È più un'auto-fiction esagerata in cui niente è come sembra e tutto sembra niente. E’ pure un modo per elaborare un progetto cinematografico fallito. Mescolando allegramente materiale preesistente con scene girate ex novo crea una commedia sfrenata che è allo stesso tempo un commento al cinema, il recupero di un artista ambizioso, probabilmente il regista più irriverente d’Italia, che lotta all'interno di un sistema restrittivo e ipocrita e, in ultima analisi, lotta anche contro se stesso.