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Cultura e spettacolo

All’esuberante bellezza e alla capacità di dar vita a personaggi ingenui ma anche sensuali deve l’apprezzamento di alcuni dei maggiori registi americani del suo tempo
2 minuti e 45 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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E’ l’ultima delle grandi stelle del cinema dell'epoca d'oro, che smentì il celebre produttore della Universal Pictures Harry Cohn che raccontava di aver "fabbricato Kim Novak per rendere nervosa Rita Hayworth”. Nessuna star può essere fabbricata. Bisogna nascere con la magia e durare nel tempo. Il volto di Novak è straordinario, non si poteva falsificarlo e la cinepresa lo amava. All’esuberante bellezza, alla capacità di dar vita a personaggi ingenui e discreti ma anche sensuali e tormentati, al suo sguardo seducente e talvolta dolente, deve l’apprezzamento di alcuni dei maggiori registi americani del suo tempo da Billy Wilder a Otto Preminger e da Robert Aldrich a Richard Quine con il quale diede vita ad alcune indimenticabili commedie romantiche che contribuirono a renderla la star numero uno al box office mondiale tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60.

Premiata nei più importanti Festival del mondo

Anche se il suo lavoro di attrice non fu sempre apprezzato dalla critica dell'epoca, Novak è sopravvissuta alla prova del tempo per il pubblico di tutto il mondo tanto che molti hanno precipitosamente riscritto le loro opinioni sulle sue interpretazioni facendola diventare una leggenda vivente che si è guadagnata la giusta collocazione nella storia del Cinema, con il rispetto e la stima che merita, premiata dal Festival di Cannes nel 2013, da quello di Toronto nel 2015 e insignita dell’Orso d’oro alla carriera a Berlino.

Gli esordi

Kim Novak non ha mai scelto di diventare un'attrice. Da giovane ricevette due borse di studio grazie alle quali frequentò il prestigioso Chicago Art Institute. Durante il suo secondo semestre al Wright Junior College accettò un impiego estivo viaggiando da una grande città all'altra, lavorando come modella con il nome di Miss Deep Freeze. Quando il tour finì a San Francisco, lei e una collega decisero di fare una deviazione a Hollywood, dove ottenne un ruolo nel film La linea francese con Jane Russell. Lì fu notata da un talent scout che le offrì un contratto con la Columbia Pictures dove, cosa insolita per una nuova attrice appena scritturata, nel suo primo anno di attività le furono assegnati addirittura ruoli da protagonista.

La carriera 

Diventò una delle attrici più amate di un’intera stagione del cinema hollywoodiano sino al prematuro e volontario esilio dalla prigione dorata di Los Angeles avvenuto trentaquattro anni fa. Un sistema che l’attrice non ha mai smesso di criticare, scegliendo i suoi ruoli e anche il suo nome. Costretta a rinunciare a quello di battesimo, Marilyn Pauline, perché associato alla Monroe, si batté per conservare il cognome, accettando in cambio di tingersi i capelli di quel biondo platino che fece epoca. Indipendente e anticonformista, creò una propria casa di produzione e scioperò per rinegoziare uno stipendio molto inferiore a quello dei suoi partner maschili. La sua immagine resterà per sempre legata al doppio personaggio di La donna che visse due volte di Hitchcock, diventato il ruolo della sua vita. Il Leone d’Oro celebra dunque una star libera, una ribelle nel cuore del sistema che ha illuminato i sogni della cinefilia prima di ritirarsi in un ranch nell’Oregon per dedicarsi alla pittura e ai cavalli.

 

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