Un capannone industriale in via Borzoli è stato posto sotto sequestro preventivo dal Tribunale di Genova su richiesta della Procura della Repubblica. La struttura, che era stata occupata abusivamente da un imprenditore romeno di 58 anni e domiciliato in città, è al centro di un’inchiesta per gravi violazioni ambientali e urbanistiche.
Il decreto, emesso dal giudice Silvia Carpanini il 25 novembre scorso, mira a interrompere un’attività illecita che stava causando potenziali rischi per l’ambiente e la salute pubblica, con accumuli di rifiuti speciali e pericolosi.
Dal primo sopralluogo al sequestro
L’indagine è partita da un sopralluogo effettuato dalla guardia di finanza il 3 settembre 2025, durante il quale è stata constatata la presenza di autovetture all’interno del capannone, chiuso con una catena ma accessibile. Ulteriori accertamenti hanno rivelato che il locale era adibito a officina meccanica per la manutenzione di veicoli senza alcuna autorizzazione. Il 15 ottobre, il proprietario - difeso dall'avvocato Alessandro Torri - ha confermato in una dichiarazione che il capannone non era stato affittato da circa quindici anni e che dal 2012 non vi aveva più effettuato sopralluoghi.
La perquisizione decisiva
La perquisizione decisiva, condotta il 30 ottobre dalla guardia di finanza, ha portato alla luce una vera e propria discarica abusiva: pneumatici usati, bombole di gas combustibile, detersivi liquidi, batterie esauste al piombo, fusti di olio, plastica, solventi, vernici e altri materiali tossici.
Secondo il decreto giudiziario, questi rifiuti – classificati come speciali e pericolosi – erano smaltiti in modo incontrollato, con contaminazione del suolo e possibili infiltrazioni nelle falde acquifere. L'imprenditore è stato denunciato per invasione di terreni, gestione illecita di rifiuti, mancato rispetto delle norme ambientali e contravvenzioni al codice della strada. Gli inquirenti hanno accertato che il capannone era utilizzato per operazioni di riparazione auto, inclusa la sostituzione di pneumatici e oli esausti, senza misure di sicurezza o permessi.
La Procura ha motivato il sequestro con l’urgenza di prevenire ulteriori danni, affidando la struttura alla custodia della sezione di polizia giudiziaria Gruppo Ambiente. Le indagini proseguono per verificare eventuali complici o collegamenti con circuiti di smaltimento illegale, in un’area periferica spesso sfruttata; residenti della zona avevano segnalato da tempo odori sospetti e presenze irregolari, ma solo i controlli mirati hanno portato all’intervento.