Chiesa gremita di agenti e picchetto d'onore dei poliziotti della penitenziaria per l'addio ad Antonio Chessa, 82 anni, per venticinque comandante della penitenziaria del carcere di Marassi, stroncato nei giorni scorsi da un improvviso malore.
Chiesa di via Bobbio gremita di agenti
Il funerale si è svolto stamane nella chiesa Sacra Famiglia di via Bobbio, proprio di fronte all'istituto penitenziario, ed è stato officiato dal parroco, don Fabrizio.
A stringersi alla famiglia di Chessa, moglie e tre figli, uno dei quali anch'esso agente, tutto il mondo della penitenziaria, dall'attuale direttore di Marassi Tullia Ardito, al comandante che dirige oggi la penitenziaria Lucrezia Nicolò. Presente anche l'ex direttore Salvatore Mazzeo.
Toccanti dal pulpito le parole della nipote, la figlia di uno dei tre figli di Chessa, che commossa ha ricordato il grande amore che sapeva trasmettere il nonno: "Lui per noi c'era sempre...".
Grande stima per l'ex comandante dal dirigente degli agenti del carcere di Pontedecimo, Stefano Bruzzone, che da agente a Marassi aveva avuto come comandante proprio Chessa, "l'intelligenza e la capacità di stare al passo con i tempi aveva permesso a Chessa di guidare al meglio l'epocale trasformazione a cavallo degli anni '90 della riforma che ha trasformato le guardie di custodia allora militari nel quarto corpo di polizia, con le relative specializzazioni che hanno consentito al personale di acquisire le varie specializzazioni necessarie per svolgere in modo adeguato un lavoro molto delicato come il nostro".
A stringersi alla famiglia di Chessa, moglie e tre figli, uno dei quali anch'esso agente, tutto il mondo della penitenziaria, dall'attuale direttore di Marassi Tullia Ardito, al comandante che dirige oggi la penitenziaria Lucrezia Nicolò. Presente anche l'ex direttore Salvatore Mazzeo.
"Guida ideale per la riforma che istituì il nostro corpo di polizia"
Grande stima per l'ex comandante dal dirigente degli agenti del carcere di Pontedecimo, Stefano Bruzzone, che da agente a Marassi aveva avuto come comandante proprio Chessa, "l'intelligenza e la capacità di stare al passo con i tempi aveva permesso a Chessa di guidare al meglio l'epocale trasformazione a cavallo degli anni '90 della riforma che ha trasformato le guardie di custodia allora militari nel quarto corpo di polizia, con le relative specializzazioni che hanno consentito al personale di acquisire le varie specializzazioni necessarie per svolgere in modo adeguato un lavoro molto delicato come il nostro".
Avviò i primi protocolli per prevenire i suicidi in cella
"Chessa è stato fra i primi ad avviare i protocolli utili a prevenire i suicidi in cella, un dirigente molto capace e determinato che sapeva coniugare la professionalità con l'umanità, nei confronti dei detenuti ma anche degli agenti. "Ricordo - ha poi racconta Bruzzone a Primocanale - che prima di Natale lui apriva la sua casa, l'alloggio di servizio nel carcere, per un brindisi con i tanti agenti che arrivavano a lontano, in modo che anche loro potessero sentire il calore di una casa, Chessa ha avuto la grande capacità di farci sentire tutti come appartenenti a una grande famiglia".
Da bambino in Sardegna sognava di fare il carabiniere
Nel 2024 Chessa aveva accettato di raccontare in video la sua ventennale storia di comandante a Marassi a "Michè", la rubrica di storie di strada di Primocanale: dalle sue parole la era emerso il modo quasi casuale per cui si era arruolato nelle guardie di custodia, lui che quando era ragazzo nella sua Sardegna sognava di fare il carabiniere, un racconto il suo che aveva fatto trasparire anche la grande umanità, riconosciuta dagli agenti e dai reclusi, "i detenuti devono uscire il più possibile dal carcere e dalle celle, solo così la detenzione può tentare una reale riabilitazione di chi ha commesso dei reati".