Sette sentenze in cinque anni, tra Genova, Milano e Roma: la Corte di Cassazione ha messo la parola fine al caso del parricidio di Pasquale Scalamandré, ucciso il 10 agosto 2020 dai figli Alessio (33 anni) e Simone (25) nell’appartamento di San Biagio, alla periferia di Genova. I giudici hanno respinto l’ultimo ricorso della difesa (avvocati Luca Rinaldi, Andrea Guido, Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca), rendendo definitive le pene: 12 anni per Alessio, 6 anni e 2 mesi per Simone.
Il fratello più piccolo entrerà per la prima volta in carcere
Nelle prossime ore la Procura Generale di Milano emetterà l’ordine di esecuzione. Alessio, che ha già scontato cinque anni ai domiciliari, entrerà in carcere ma potrà chiedere misure alternative; Simone, sempre libero fino a oggi, dovrà invece iniziare a espiare la pena dietro le sbarre. Decisivo il riconoscimento, già indicato un anno fa dalla stessa Cassazione, del "forte stress" accumulato dai figli per i "reiterati comportamenti ingiusti" del padre, violento al punto da costringere la moglie a fuggire in Sardegna. Fattori che, insieme all’incensuratezza dei fratelli e al contesto familiare tossico, hanno portato a una drastica riduzione delle condanne rispetto ai 21 e 14 anni inflitti in primo grado e inizialmente confermati a Milano.
La brutalità del delitto
Resta la brutalità del delitto – Alessio infierì con tale violenza da sfondare il cranio della vittima – ma per la Suprema Corte lo "stato d’ira" può maturare nel tempo, "per effetto di reiterati comportamenti ingiusti". Il parricidio, pur terribile, va letto dentro una tragedia familiare che ha distrutto tutti.