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Cronaca

A sette anni dalla tragedia a giugno è iniziata la requisitoria dei magistrati con il toccante ricordo delle 43 vittime: la sentenza entro il 2026
7 minuti e 24 secondi di lettura
di Michele Varì

 

 

 

È iniziata lo scorso sedici giugno con il commovente ricordo delle 43 vittime la requisitoria del processo per il crollo di ponte Morandi. Il pm Cotugno ha scandito i loro nomi e nell'aula sotto la tensostruttura è calato un silenzio assoluto.

Il dolore dei familiari delle vittime in aula

Impietriti i familiari delle vittime presenti in aula, Marcello Bellasio, che ha perso due figli, Egle e Daniela Possetti che hanno perso la sorella e due nipotini ed Emmanuel Diaz, che nella tragedia ha perso il fratello Henry.

Tre anni, 200 udienze, 57 imputati

Poi la discussione, la fase in cui le parti processuali tirano le somme delle oltre 200 udienze in tre anni a cominciare dai pm che hanno già iniziato a spiegare perchè i 57 imputati devono essere condannati, illustrando i motivi per cui ritengono giusto che le persone alla sbarra siano ritenute responsabili di quanto gli viene addebitato.

È il cuore del processo. Dentro ci sono gli errori commessi dagli imputati e le tante omissioni che hanno contribuito a fare crollare il viadotto Polcevera, la più importante opera autostradale d'Italia, la Gioconda di Aspi che però, a dire dei pm Cotugno, Airoldi e Terrile è stata trascurata sino a farla morire.

La nebulosa dei reati colposi

I magistrati hanno spiegato la complessità dei reati colposi.
Fra i temi, la posizione di garanzia che obbliga a prevenire un reato, lo stesso concetto che impone a papà di badare a un figlio; il nesso causale, ossia il legame tra un'azione e la sua conseguenza. Argomenti ostici da provare per l'accusa, e ancora di più ai giudici Lepri, Baldini e Polidori, a cui spetterà il difficile compito di decidere chi condannare.

Il progetto che avrebbe evitato il crollo

Il pm Cotugno ha ribadito che i responsabili del progetto dell'intervento di retrofitting sulla pila 9 crollata avrebbero dovuto compiere una verifica di sicurezza completa sull'opera, dalla quale trarre indicazioni precise sulla sua stabilità ed eventualmente adottare accorgimenti immediati per tutelare chi lo percorreva.

Come un'auto senza freni

Il magistrato ha citato una sentenza di Cassazione relativa alla condanna di un meccanico di Roma incaricato di riparare i freni di un'auto, che si era limitato a fornire un preventivo senza avvertire il cliente dell'estrema pericolosità del veicolo in quelle condizioni, evenienza che portò a un gravissimo incidente. Autostrade, allo stesso modo, per l'accusa era consapevole che il Morandi fosse a rischio crollo, ma invece di sospendere subito il traffico ha programmato di intervenire con il progetto di retrofitting della pila 9, fissato per l'autunno 2018: tardi per evitare la tragedia.

Quell'errore di cambiare la convenzione Aspi-Spea

All'inizio della requisitoria sotto la lente è finita la convenzione del 1985 fra Autostrade e Spea, la società di ingegneria che era tenuta a controllare la concessionaria ma a cui invece era assoggetta.
L'errore è stato cambiarla nel 1998 con un nuovo assetto nel 2007, annullando le direttive di una circolare del '67 che stabiliva a chi spettavano le verifiche trimestrali: così -sostiene l'accusa - si è spezzato il coordinamento ingegneristico, con il risultato che mai nessuno è andato a verificare di persone se sulla sommità della pila 9, dove è avvenuto il distacco che ha provocato la tragedia, c'erano le stesse anomalie riscontrate che avevano permesso di mettere in sicurezza negli anni '90 le altre due pile, la 11 e la 10. Interventi che avrebbero dovuto indurre alla prudenza.

Le accuse a Castellucci

Fra i responsabili di questa modifica l'imputato principale, Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Aspi, per l'accusa reo anche di aver deciso di ridurre i compensi Spea finalizzati all'attività di sorveglianza e manutenzione di circa un terzo con ulteriori meccanismi che facevano sì che ogni anno ci fossero ulteriori riduzioni
Il risultato di questi cambiamenti è stato il tradimento della sorveglianza sistematica e un mancato controllo sulle carenze di sorveglianza da parte di Aspi e del Ministero delle Infrastrutture.

L'ex amministratore si è collegato dal carcere

Durante la requisitoria per la prima volta Castellucci è intervenuto al processo on line in veste di detenuto: l'ex Ad di Aspi è recluso nel carcere romano di Rebibbia dal 12 aprile perché condannato in via definitiva a sei anni per la strage avvenuta il 28 luglio 2013 sul nodo autostradale di Avellino in cui morirono a bordo di un pullman 40 persone. Con con Castellucci in carcere ci sono altri 4 imputati alla sbarra anche a Genova: l'ex numero due di Aspi Berti, l'ex direttore Mollo, Spadavecchia e Renzi.

Il manager della holding dei Benetton ha fatto leggere dal suo legale una lettere di protesta perchè a Rebibbia non sarebbe garantito il suo diritto alla difesa perchè non si può consultare gli atti del processo visto nell'istituto di pena non si può introdurre hard disk. Poi ha ha annunciato di volere rendere dichiarazioni spontanee. La procura si è subito attività affinché il carcere di Rebibbia garantisca il diritto alla difesa del detenuto.

Controlli con prove da sciamano

Fra le accuse dei pm, quelle che gli unici monitoraggi svolti si basavano sulle prove riflettometriche, verifiche con impulsi elettrici che avrebbero dovuto svelare le condizioni dei cavi di acciaio annegati nel cemento, ma che si erano rivelate inattendibili: alcuni cavi corrosi in base ai report Rimt - con il passare degli anni risultavano guarire anche senza un intervento.
Miracoli che avrebbero dovuto fare scattare l'allarme. Aldilà che nessuno controllava i risultati delle Rimt, è stato come fidarsi dell'astrologia, o di uno sciamano.

Tanti ricavi, poche spese

Il pm Airoldi nell'udienza del 9 luglio ha ripercorso l’andamento finanziario di Autostrade nel tempo, sottolineando come dalla privatizzazione, cioè dal 2000 fino al 2018, ci sia stato un progressivo incremento dei ricavi e della redditività del concessionario senza un correlato aumento dei costi. Parallelamente però, ecco l’affondo, si è deciso di ignorare i moniti dello stesso progettista dell’opera, Morandi, che invitava a fare i dovuti controlli sui cavi e sugli stralli.

Le aggravanti

Il pm Cotugno ha sostenuto che le accuse di omicidio per le 43 vite spezzate dal crollo devono essere considerate aggravate dal mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro.
L'aggravante sarebbe confermata dal patteggiamento delle società Aspi e Spea durante l’udienza preliminare. Accordo che prevedeva, oltre a un indennizzo milionario, anche un miglioramento degli standard proprio di sicurezza sul lavoro sulle autostrade. Un aspetto, questo, tra i tanti, che potrebbe allungare i tempi della prescrizioni, oltre ad aggravare la posizione dei manager, accusati a vario titolo anche di crollo doloso, omicidio stradale, falso

Al vaglio le prime posizioni personali

Nelle ultime udienze estive del 21 e del 22 luglio nella requisitoria sono state trattate le prime posizioni personali degli imputati. Si è partiti da Gabriele Camomilla, direttore centrale delle Manutenzioni Aspi dagli anni Ottanta al 2005, che il pm Airoldi ha definito "un teorico della sorveglianza globale che di fatto limitava gli approfondimenti tecnici, che sarebbero stati lunghi e costosi, ai soli casi in cui era veramente necessario e non nelle situazioni previste dalla legge. Camomilla è uno di quelli che decisero di non intervenire sulla pila 9, ritenendo che quell’intervento non fosse necessario”.
Poi ai raggi x è passata la posizione di Pierluigi Ceseri, che fu direttore generale e amministratore delegato quando il concessionario era ancora pubblico. Ceseri, che oggi ha 83 anni, secondo Airoldi ha due principali responsabilità.

La prima riguarda la nuova convenzione fra Autostrade e Spea siglata nel ’98. L’altra accusa a Ceseri riguarda poi l’aver legittimato le prove riflettometriche che già in precedenza avevano dato risultati dubbi.
Esposte anche le posizioni di altri manager dell’epoca, Franco Rapino, allora amministratore delegato di Spea; Alessandro Natali, ex responsabile ufficio manutenzioni 1° tronco di Autostrade, Nicola Spadavecchia, Igino Lai e Agostino Chisari, gli ultimi tre ex direttori di tronco.

Si torna in aula a settembre

La requisitoria riprenderà a settembre. Poi ci saranno le discussioni degli avvocati di parte civile, primo fra tutti Raffaele Caruso, legale del Comitato familiari vittime. Infine toccherà ai difensori dei 57 imputati che porteranno ogni prova o elemento necessario per cercare di smontare l’impianto accusatorio.

Il difetto di costruzione

Una delle tesi delle difese è che il ponte sia crollato a causa di un difetto di costruzione, nel 1967, mai rivelato e scoperto solo dopo la tragedia, durante l'incidente probatorio. Difetto di cui la ditta costruttrice in effetti non ha mai rivelato né lasciato scritto nulla.

Possetti: "Processo ha confermato indagine finanza"

Egle Possetti, portavoce del comitato familiari delle vittime che nella tragedia ha perso una sorella e due nipotini, è la portavoce, dice che il processo sta rivelando quanto emerso in modo chiaro dalle indagini della guardia di finanza

La sentenza entro un anno

La sentenza potrebbe arrivare entro la fine del 2026, ma è solo un’ipotesi perché fare previsioni in un processo eccezionale in tutto, dal numero delle vittime a quello degli imputati, appare un azzardo. Proprio come la decisione degli imputati di rinviare i lavori sulla pilla 9 nonostante gli interventi effettuati negli anni ‘90 sulle due pile gemelle 10 e 11.

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