Si è riaperta una ferita che non era mai guarita del tutto nel quartiere genovese di Cornigliano, da qualche giorno al centro del nuovo piano di decarbonizzazione del Governo che prevede il rilancio dell'impianto di Acciaierie d'Italia. Lo stabilimento, dai corniglianesi chiamato ancora oggi Italsider come si chiamava negli anni '60, torna a fare paura a molti e per le strade si parla dei morti per tumore, di quegli anni in cui era impossibile aprire le finestre e di quando da bambini camminando per quelle vie bisognava coprirsi gli occhi, "altrimenti si finiva nell'infermiera della fabbrica a farsi togliere i pezzettini di metallo". Il timore e la preoccupazione non lasciano spazio all’idea di un nuovo forno, elettrico (come previsto dalla bozza del piano) a Genova che permetterebbe agli impianti del Nord (tra cui quelli di Novi Ligure e Racconigi in Piemonte) di rendersi autonomo da Taranto.
La vita di Cornigliano dopo la sentenza del 2001
Ma come è cambiata la vita nel quartiere periferico dopo la lunga battaglia portata avanti proprio dai cittadini che, con una serie di studi epidemiologici, nel 1999 fece raggiungere l'accordo per la chiusura della produzione a caldo? A raccontarlo a Primocanale sono corniglianesi ad hoc, genovesi che abitano il quartiere da quando sono nati e che negli anni hanno preso parte a comitati e associazioni per difendere il territorio. “Fino al 2005 la vita qui non era una bella vita. La prova di questo sono i decessi che ci sono stati e che purtroppo ci sono ancora" spiega Giampiero Morstabilini, presidente del comitato Cornigliano per la Città.
"Non potevamo aprire le finestre, non si poteva neanche stendere... la polvere era terribile, anche solo camminando per strada" racconta Pino Montineri, 70 anni, nato e cresciuto alla fine della via principale della delegazione di ponente. "Il forno elettrico? Noi qui ci siamo già stati nel fumo. Io ho lavorato all'Italsider.. so cosa vuol dire. Nessuno dice che non debba farsi, ma non a pochi metri dalle case" racconta un anziano intento a fare la spesa.
Il ritorno del fantasma dell'acciaio nel 2025
La data che segna un nuovo passo per il quartiere è quella del 2001, quando dopo la chiusura nel 1999 una sentenza del Tar bloccò anche la proposta alternativa di Riva (proprietario dello stabilimento in quegli anni), ovvero la sostituzione del vecchio impianto con un forno elettrico. Ed è proprio quel momento ma soprattutto quel documento in cui il Tribunale Amministrativo Regionale decreta che “non era più possibile proseguire nessun tipo di attività inquinante su quel sito, ormai compromesso”, che torna rilevante 24 anni dopo. Quella sentenza viene impugnata oggi dai cittadini che sono pronti a scendere in piazza per farsi sentire.
La storia delle donne di Cornigliano non è stata dimenticata
A Cornigliano la preoccupazione cresce "Ce lo ricordiamo tutti padre Giacomo, che dopo aver ufficiato troppi funerali si era schierato con le donne di Cornigliano e tutti gli abitanti. Sentire di nuovo riparlare di un ipotetico forno elettrico fa venire i brividi" spiega Maria Curcio, dell'Associazione ViviAmo Cornigliano.
"Capisco che sia semplice aprire una cartina della città di Genova e definire Cornigliano come il polo industriale ma poi c'è la nostra pelle di mezzo. Noi non siamo contro il lavoro, ma nei 21 anni che gli operai hanno vissuto in cassa integrazione, il Governo avrebbe dovuto trovare delle soluzioni alternative. Non spetta certo a noi trovarle ma quello che voglio che sia chiaro è che non subiremo un'altra volta quello che sono stati gli anni prima del duemila. A Cornigliano si continua a morire il 40% in più rispetto ad Albaro. Benissimo il lavoro, ma mai a discapito della nostra salute" continua Maria, che accenna sempre a quelle donne che nel 1985 armate di pentole e padelle bloccarono via Cornigliano per fermare l'inquinamento.
E proprio una di loro, Patrizia Avagnina, si è espressa sulla notizia: "Dobbiamo parlarci, voglio sentire quello che pensa la gente al di là dei commenti sui social network e bisogna chiarirsi, l’obiettivo non è quello di un braccio di ferro tra chi vuole il forno elettrico e chi non lo vuole, non si tratta di fare un referendum, si tratta di capire che cosa ci stanno proponendo, a quali costi, con quali tempi, e soprattutto perché".
Le morti e i tumori, una storia dell'orrore che viene tramandata
La battaglia durata oltre vent'anni per le strade di quel quartiere che un tempo era luogo di villeggiatura dei ricchi genovesi non è stata dimenticata, anzi, viene raccontata a chi, bagagli in mano, si trasferisce. Come Massimo Oliveri, farmacista e presidente del Civ, abitante di Cornigliano da quattro anni. "Quando sono arrivato ci ho messo poco a rendermi conto di quante persone giovani siano morte di tumore, un numero che prima di lavorare e vivere qua non immaginavo neanche. È un qualcosa che si racconta, che viene tramandato" spiega Oliveri. "Sul piatto c'è anche il discorso occupazionale che è assolutamente importante, ma i commercianti di Cornigliano vivono a Cornigliano e nessuno vuole vedere tornare l'incubo legato a quel tipo di produzione. Noi siamo contrari a qualsiasi installazione altamente inquinante. La sindaca ha detto che non bisogna andare avanti col paraocchi ma essere aperti alla scienza. Allora noi ci apriamo alla scienza, ma non consideriamo la scienza la presentazione fatta l'altra volta da chi il forno lo deve produrre. Chiediamo quindi che vengano presi in considerazione gli esperti del caso e che diano delle valutazioni indipendenti e di merito su quello che potrebbe essere il reale impatto di un forno elettrico sul territorio, poi vedremo".
"Io abito a Cornigliano da ottobre del 2010, ma la frequento per motivi familiari da sempre" a parlare è Paola Marenco, presidente dell'associazione Cornigliano Borderline. "Qui ci sono stati dei grandi cambiamenti, che non sono ancora riusciti a trasformare completamente il quartiere ma il progresso, dopo l'industria, c'è stato. Lento, ma c'è stato" continua Marenco. "Proprio nel momento in cui cominciavano a esserci ulteriori aggiustamenti è venuta fuori una nuova servitù".
Dopo quarant'anni lavoro e salute tornano al centro
Un po' come quarant'anni fa al centro del discorso tornano il lavoro e la salute, quelli che un tempo erano lo sviluppo e l'ambiente. Perché non si può dimenticare l'occupazione che portò quello stabilimento sul mare che nel 1960 produceva la metà dei laminati piani italiani con quasi 7000 dipendenti, così come rimane incisa nella pietra, con un giardino che porta il loro nome, la storia di una battaglia per trovare un equilibrio tra lavoro e vita: “Donne di Cornigliano”.
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