Da trentanni il caso dell’omicidio di Nada Cella, avvenuto il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari, rimane un enigma irrisolto, costellato di piste sbagliate, indagini incomplete e interrogativi. In mancanza di prove decisive, ogni ricostruzione diventa cruciale per avvicinarsi alla verità.
La ricostruzione di Silvio Bozzi
Tra le voci che emergono in aula questa mattina, giovedì 3 luglio, quella di Silvio Bozzi, ex dirigente di polizia e consulente della parte civile, offre una prospettiva significativa. Bozzi, che aveva analizzato il caso nel 1998 per la trasmissione Mistero in Blu condotta da Carlo Lucarelli, è stato richiamato dalla Procura per la sorprendente coincidenza tra la sua ricostruzione di allora e le recenti indagini. Secondo Bozzi, l’aggressione a Nada Cella sarebbe scaturita da un’esplosione di violenza improvvisa. La presunta responsabile, identificata dalla Procura in Anna Lucia Cecere, sarebbe entrata nello studio, accomodandosi alla scrivania di Soracco in attesa del suo arrivo. Tre le ipotesi dell'esperto sull'arma del delitto e una sorprende: "Io ritengo che ci sono stati sostanzialmente tre fasce di strumenti lesivi, strumento lesivo naturale, rappresentato da spintoni, afferramento, quindi mani, pugni; un altro oggetto difficilmente identificabile, probabilmente riconducibile al famoso fermacarte e uno strumento certamente dotato di angoli, quindi di spigoli e quella immagine che io ho fatto ingrandire è fortemente suggestiva per l'azione di una spillatrice, tanto è vero si vede anche lo sbaffo, il colore di quelle spillatrici verdastre ed è molto significativa perché è un colpo chiaramente impreciso e l'asportazione di quella parte di parete non è caratterizzata da sovrapposizione di sangue successivo, quindi vuol dire che uno degli ultimi colpi se non l'ultimo colpo e qui mi fa pensare a una coazione a ripetere, quindi l'aggressore, chiunque suo sia, colpisce fino a quando non si esauriscono le forze, sulla base di una reazione emotiva parossistica".
L’attacco e la furia cieca
Un diverbio, forse legato all’insistenza di Nada nel chiedere all'aggressore di lasciare lo studio, avrebbe fatto scattare l’attacco. La segretaria sarebbe stata colpita con un oggetto e l’aggressione si sarebbe trasformata in una furia cieca quando Nada, caduta a terra, avrebbe tentato di proteggersi. A fornire dettagli sulle ferite è Marcello Canale, il medico legale che eseguì l’autopsia nel 1996 e oggi consulente della famiglia Cella. La sua memoria è chiara: il corpo di Nada presentava 25 lesioni lacero-contuse, colpi violenti inflitti con rapidità, soprattutto alla testa, ma anche su braccia e bacino. L’ultima ferita, la più grave, causò una frattura cranica fatale. Canale ricorda anche il sopralluogo effettuato una settimana dopo il delitto: inspiegabilmente, il pavimento dello studio, pur sotto sequestro, era stato ripulito dal sangue. "Cosa mi chiamano a fare una settimana dopo?", ha detto Canale ritornando a quei giorni. Un altro elemento sconcertante, su cui Bozzi e Canale concordano, è l’errore di chi, come Soracco, sua madre e i soccorritori del 118, giunti per primi sulla scena, scambiarono quella tragedia per un semplice malore, nonostante l’evidente brutalità dell’aggressione.