Alla riapertura delle indagini sull'omicidio nel 2021 al servizio di polizia scientifica di Roma che doveva riesaminare i reperti sequestrati il commercialista Marco Soracco non consegnò tre oggetti fra cui un fermacarte che poteva essere stato usato come arma impropria dall'assassino.
Davanti alla corte di assise
È emerso oggi al processo del cold case per il delitto di Nada Cella, uccisa nel 1996 a Chiavari, per cui a giudizio davanti alla corte di Assise ci sono Anna Lucia Cecere, accusata del delitto, e il commercialista datore di lavoro della vittima Marco Soracco, imputato perché avrebbe mentito favorendo l'indagata.
Scinni, esperta in delitti insoluti
In aula oggi davanti alla corte di assise presieduta da Massimo Cusatti la biologa Daniela Scinni (nella foto), ex dirigente del laboratorio di genetica forense della polizia scientifica di Roma e referente per i delitti insoluti che si è occupata personalmente delle attività di analisi della revisione degli atti e i reperti da quando nel 2021 è stato riaperto il delitto di Chiavari.
Spariti anche portapenne e portaombrelli
È emerso che fra i reperti spariti - ossia sequestrati nel 1996, restituiti a Soracco e poi nelle intenzioni degli inquirenti da risequestrare nel 2021 alla riapertura del caso - oltre al fermacarte sono spariti anche un portapenne e il portaombrelli, che potrebbe essere stato usato come arma e forse lavato dopo il delitto visto che dall'ingresso fu rinvenuto in cucina con solo piccole macchie di sangue.
Tracce genetiche inutili perché inquinate
Scinni, da pochi mesi in pensione, ha anche ribadito che dall'esame del Dna l'unica certezza emersa è il profilo della vittima mentre gli altri residui erano di cattivissima qualità e seguendo le linee guida solo potenzialmente confrontabili. Non solo: i profili genetici sono stati estrapolati da reperti inquinati da più persone, dai soccorritori agli inquirenti. Non è detto neanche che gli unici profili rilevati non appartenenti a Nada fossero femminile, certo mancava il cromosoma maschile, ma non è possibile affermare che appartenesse a una donna. Scinni ha poi escluso che le macchie nell'ascensore del palazzo di via Marsala fossero di sangue, di fatto avvallando la ricostruzione degli inquirenti che hanno riferito che l'assassina scappò dalle scale.
Il medico legale: "Massacrata quando era a terra"
Altro teste ascoltato oggi è stato il medico legale Francesco Ventura, che nel '96 prese parte in qualità di giovane specializzando all'autopsia svolta dai medici legali Canale e Gianelli, Ventura ha detto che la segretaria è stata uccisa da ripetuti traumi e ferite alla testa procurati da azioni violente e le ferite rilevate sul corpo erano compatibili con delle armi improprie, oggetti fra cui il fermacarte e la pinzatrice, "del peso di circa 250 grammi", che per gli inquirenti che hanno riaperto il caso fu uno degli oggetti utilizzati dall'assassina. Ventura ha poi detto che da quanto emerso dall'analisi della scena del crimine Nada fu aggredita all'ingresso dello studio e massacrata con ripetuti colpi al capo quando era ormai a terra, supina, al fianco della sua scrivania dove era scappata per fuggire all'assassino. Inutile il tentativo di difendersi coprendosi capo e volto con le mani. Ventura poi a una domanda dei cronisti non ha escluso che fra le armi usate ci possa essere stato anche un fermarcarte: "Dipende dalle dimensioni".
Chi ha ucciso si è sporcato di sangue
Il medico legale rispondendo a una domanda del pm ha detto che l'aggressore vista la quantità di sangue sulla scena del crimine sicuramente si è sporcato di sangue, "è anomalo che nell'ingresso e nel palazzo non ci fosse sangue". Di fatto avallando la tesi dell'accusa che ritiene che l'assassino, o l'assassina, possa essersi lavato in cucina prima di uscire dall'ufficio.
In aula nelle scorse udienze un teste fra i più importanti, il figlio di un'altra teste (una mendicante poi deceduta), aveva confermato di avere visto Cecere quella mattina davanti al palazzo con un braccio fasciato e sporca di sangue. Il teste confuse gli orari, ma il giudice ha avvallato l'acquisizione della sua prima deposizione sporta dopo il delitto in cui gli orari erano compatibili con quelli del delitto.
L'esperto in informatica: "Nada entrò prima in ufficio"
Il primo teste comparso in aula, Mattia Epifani, è un esperto in informatica che ha confermato gli orari di accensione anomali del pc di Nada: due giorni prima del delitto, sabato 4 maggio, quando lo studio era chiuso e la segretaria venne intercettata nell'ufficio dalla donna delle pulizie e dalla mamma di Soracco mentre prelevava un floppy disc.
Altro mistero mai chiarito quello del 6 maggio Nada, il giorno dell'omicidio, quando Nada sarebbe dovuta entrare in ufficio prima delle nove, all'insaputa di Soracco, il suo pc fu acceso alle 7.51, per lavorare una pagina di un foglio di calcolo di rate di amministrazione in milioni di lire con ripartizioni dei vari trimestri, poi ci una stampa alle 8.51, all'ora presunta del delitto. Epifani non ha trovato file sospetti, "Nada aveva redatto un curriculum (è noto che la segretaria volesse cambiare lavoro ndr) e aveva una pagina e un floppy in cui scriveva dei suoi viaggi, nient'altro"
Il giorno del delitto la segretaria lavorò 58 minuti, poi l'aggressione. Impossibile sapere come mai Nada si recò così presto in ufficio e ancora più difficile dire se entrando in orario, alle 9, avrebbe evitato l'incontro con la persona che poi l'ha uccisa.