Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

3 minuti e 23 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Mi sono fatto aiutare da Giorgio Caproni, il poeta che ci ha svelato il Paradiso dell'ascensore di Castelletto, per capire come stiamo vivendo questo Natale, queste Feste che ci portano nel Ventiventisei, un anno pieno di angoscia, che solo la speranza di chi crede nel Natale può aiutarci a superare.

La “Litania” è un po' il cantico di Genova, scritto da un poeta livornese diventato genovese, con 182 versi in rima che incominciano sempre con la parola “Genova”. Un racconto in versi senza respiro, un po' come è questa città sospesa sempre tra il passato e il futuro, ma con segni inconfondibili nella sue bellezza frastagliata, immutabile, eppure cangiante come il suo clima di questi giorni, la macaja e poi il vento gelido di tramontana, il mare blù e prima quel grigio piombo delle nuvole che si fondono con il mare senza più orizzonte.
“Genova mia città intera, geranio, polveriera, Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria”_ incomincia il nostro cantico il poeta Caproni e insieme al secondo, “ Genova città pulita, brezza e luce in salita, Genova verticale, vertigine, aria scale”, definisce già di cosa stiamo parlando.
Di una città in salita in tutti i sensi, fatta di aria e di ferro e di pulizia. Aria e ferro, quello che le acciaierie sputavano e dovrebbero ancora sputare, se la battaglia della fabbrica di Cornigliano finirà bene con una soluzione che tenga in equilibrio, appunto, il ferro e l'aria, che Caproni mette insieme non a caso, ma perchè i poeti sono geniali.

E' il primo problema che si vede, entrando nel ventiventisei perchè da esso dipende anche un equilibrio fondamentale della città a scale: quello tra l'industria, il lavoro e le altre attività dello sviluppo.
Guai se quella città di ferro sparisse perchè vorrebbe dire che l'industria cede un asset chiave nell'equilibrio che i versi raccontano bene: “Genova d'uomini destri, Ansaldo, san Giorgio e Sestri, Genova in banchina, transatlantico, trina.”
Come dire, in poesia e con quel ritmo, che Genova deve essere guidata da uomini o donne destri-capaci di governarla, tenendo l'asse fondamentale che poggia nelle sue fabbriche storiche, Ansaldo, San Giorgio, che fu ma che è un simbolo, e Sestri, il luogo dove i transatlantici si costruiscono e la banchina è l'epicentro di quello sviluppo.

Ma Caproni continua : “Genova tutta cantiere, Bisagno, Belvedere...”. E quando mai questa città non è stata così piena di cantieri e di promesse ad essi collegate, da quelle perdute, come lo Skymetro a quelle in piedi, come la Diga, la metropolitana eterna, lo scolmatore del Bisagno, semi eterno, gli ospedali da costruire, i tunnel da scavare, eccetera eccetera.
Ora si capirà in pochi mesi del 2026 se quei cantieri sono l'estrema illusione o una promessa mantenuta. A prescindere da chi governa.
E poi c'è l'altra Genova, che scommette su se stessa, su un futuro di accoglienza, di turismo, anche di centro storico recuperato, più sicuro: “Genova di Soziglia, Cunicolo, pollame, trilia, Genova d' aglio e di rose, di Prè e di Fontane Marose.”
Oppure: “Genova di Caricamento, di Voltri, di sgomento, Genova dell 'Acquasola, dolcissima, usignola.”.
Come dire che finalmente vorrenno che si decidesse l'assetto complessivo di una città che compie proprio nel nuovo anno cento anni e non sa ancora se all' Acquaasola cantano le ruspe o l'usignola di Caproni...

Come si scioglie questo nodo: “Genova di Sottoripa, Emporio, Sesso, Stipa, Genova di porta Soprana, d'angelo e di puttana”?
La bellezza dei caruggi invasi dagli immigrati e diventati poco sicuri o difficilmente frequentabili, ma pieni insieme di angioli negli afferschi delle chiese segrete dei vicoli, ma anche dei bassi delle prostitute, che esercitano il mestiere più vecchio del mondo da secoli e secoli negli stessi angoli, a due passi dagli angioli e dal resto.
Le rime della “Litania” sono 182: si potrebbe continuare all'infinito, seguendo questo estro nella definizione della città e nell'auspicio del suo futuro, ma si potrebbe anche concludere così: “Genova che non mi lascia, mia fidanzata, bagascia, Genova che è tutto dire, sospiro da non finire.”
Sperando che invece i versi conclusivi non siano: “ Genova di grige mura, distretto, la paura, Genova dell'entroterra, sassi rossi, la guerra.”

Iscriviti ai canali di Primocanale su WhatsAppFacebook e Telegram. Resta aggiornato sulle notizie da Genova e dalla Liguria anche sul profilo Instagram e sulla pagina Facebook