Successi sportivi a parte guardare le partite di tennis ultramondiale che si giocano a Torino mi provoca un vero moto di invidia. Che bell’impianto, che bella organizzazione! Certamente è fantastico vedere andare avanti nel torneo dei “maestri” i ragazzi italiani e ci si appassiona per le loro gesta, che mai ci saremmo sognati a questo livello. Ma è anche un orgoglio assistere al “contorno” di quei campi, di quelle tribune gremite, il degno accompagnamento a una esibizione sportiva del massimo livello.
Perchè noi che abitiamo in una delle città più belle del mondo (non esagero, ne sono sicuro) non possiamo neppure sognarci quello che a Torino è così possibile? Perché non abbiamo attrezzature sportive all’altezza di un incontro sul quale puntano gli occhi da tutto il mondo? E non è solo una questione di tennis e di uno stadio per questo sport, che grazie a Sinner, Musetti, Berettini, Cobolli, Bolelli e Vavassori e agli altri ragazzi italiani sta trasformando non solo le vocazioni sportive e i business relativi, ma cambia perfino l’informazione. Spesso le imprese di questo sport diventano prevalenti nelle cronache sportive, scavalcando il calcio che sembra in ribasso e non solo perché rischiamo per la terza volta di non andare neppure al Mundial …..
La nostra invidia riguarda in generale tutte le attrezzature sportive. Vogliamo parlare del nostro stadio, il nobile Luigi Ferraris, del quale si discute e progetta da anni senza soluzione, se non questo balletto tra il Comune ( da qualsivoglia giunta amministrato) e le due società Genoa e Sampdoria ( da qualsivoglia padrone possedute in una giungla speso inestricabile della finanza mondiale, da Bucarest a Singapore passando per Miami) ?
Rischiamo di “perdere” gli Europei del 2032, grazie a questo balletto intorno a una attrezzatura tanto esaltata per la sua capacità di favorite l’incredibile tifo rossoblù e blucerchiato, mirabolante anche malgrado le disavventure delle nostre società, quanto insufficiente.
E’ uno degli esercizi più contraddittori quello di “vivere” questo stadio glorioso e rimbombante. Da una parte il tifo quasi ineguagliabile, di tribune piene, di bandiere e simboli, di canti, cori e fantasia irrefrenabile e dall’altra parte di impianti totalmente insufficienti.
Già raggiungere lo stadio e entrarci è un’impresa nel giorno delle partite. Per non parlare dell’uscita, a prescindere dall’umore provocato dal risultato.
Poi dentro sembra di essere da un’altra parte rispetto alla modernità, a qualsiasi impianto di oggi e lo abbiamo già scritto mille volte.
Spazi distribuiti irrazionalmente, al punto che battiamo molti record di affluenza rispetto alla popolazione, ma un bel pezzo di stadio è dedicato a una tribuna stampa nella quale sono più i vuoti che i pieni. Hanno cancellato la tribuna superiore, la postazione dalla quale si seguivano meglio le partite, per sacrificare quello spazio enorme al “sistema mediatico”, in previsione di competizioni internazionali. Purtroppo la realtà sportiva genovese va da un’altra parte, eccetto ovviamente i tifosi che riempirebbero tutto lo stadio, comunque.
Una vera follia che si perpetua, mentre si discute inutilmente del futuro stadio. I bar e i servizi igienici sono al di sotto della decenza, con tutto il rispetto per chi ci lavora, fornendo un servizio.
Così il vecchio Ferraris, che un tempo era un elegante galoppatoio per la famiglia Musso Piantelli, poi ha incominciato a diventare quello che ora è diventato, con la grande operazione del 1990, il rifacimento per il Mundial, affidato all’architetto Gregotti, sta li in mezzo al quartiere di Marassi, a un passo dal carcere, che da cinquanta anni devono spostare e non sposteranno mai.
L’accordo con le due società per realizzarne il rifacimento mi sembra una barzelletta, considerate le situazioni complessiva di Genoa e Sampdoria e i loro difficili equilibri economici.
Possono permettersi di investire in uno stadio nuovo, anche se arrivano i 26 milioni dal Comune? No comment.
E poi c’è il Palasport, il grande mistero di questi tempi, affogato nella transizione del Water Front, la grande opera che il cambio di giunta ha attraversato di più, con le sue incertezze.
Cosa serve, cosa servirà ora che se ne parla solo per sapere se compreremo il prosciutto da Esselunga o dalla Coop?
Un vero Palasport sarebbe sì stato il luogo adatto per aspirare a grandi match come quelli delle Finals di Tennis o altro. Una volta serviva eccome e non solo a far suonare i Beatles nel 1965 per due volte con concerti di mezz’ora.
Ora non si sa cosa ci sta a fare, in attesa che incominci la primavera dei suoi esercizi commerciali. E qui le responsabilità delle due giunte che l’hanno riprogrammato e che ora lo gestiscono vanno entrambe denunciate.
Altri spazi per eventi sportivi in questa città, che sarebbe una cornice ideale, non se ne intravvedono, come non ci sono per altri show di massa, come grandi concerti.
Una volta a Marassi passava persino il Cantagiro, ma questa è una melanconia da vecchio boomer.
Abbiamo uno stadio-cesso, in transizione incerta, un Palasport ingessato, la Fiumara ha cambiato tanti nomi nel suo spazio pubblico, ma non certo il livello delle sue esibizioni.
Non ci resta che il mare, le regate. i Saloni nautici, la Sciorba, che palpita di gare per ragazzi, bambini e anche campioni, come recentemente per il trofeo Nico Sapio, invecchiando inesorabilmente.
Ci resta Valletta Cambiaso, che grazie a un gruppo di generosi e volenterosi ha difeso per anni uno dei più importanti tornei internazionali italiani di tennis, ma che non si sa come andrà avanti.
Nessuno investe, nessuno cerca spazi nuovi e così guardiamo con invidia Torino e anche Milano, dove hanno pure il coraggio di sostituire il Meazza. Noi anzianotti possiamo consolarci facendo ginnastica insieme alla sindaca Salis, a Villa gentile, luogo delizioso, che è stato anche casa sua. Ma i ragazzi?