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di Gabriella Airaldi*

Sono le giovani Americhe di George Washington e di Simon Bolívar le prime a celebrare la figura di Cristoforo Colombo, protagonista di un gesto che nel 1492 ha cambiato la storia del mondo. Centinaia di città, migliaia di immagini, nomi di paesi come la sudamericana Colombia ricordano il legame indistruttibile con quella figura e con quel gesto. Ora dopo tante vicende, la decisione di celebrare il Columbus Day offre un’ulteriore possibilità di riflessione alla luce dell’odierno rapporto Europa- Stati Uniti.

Chi, visitando Washington, entra nel Campidoglio - la prestigiosa sede del Congresso degli Stati Uniti - e scopre che molti sono i rinvii a quella figura e a quel viaggio ha la percezione esatta della scelta che, fin dal 1792, quel Paese ha voluto affidare alla memoria come veicolo essenziale di un messaggio preciso. La scelta di ricordare Colombo, compiuta da chi nel 1776 aveva volontariamente cancellato la sua sudditanza politica all’ Europa, portava con sé un messaggio inequivocabile. Nessuno mai avrebbe dovuto allontanarsi o contrapporsi all’Europa né mai avrebbe dovuto scordare il legame che stringe il Nuovo Mondo al Vecchio. Certo nessuno in quel momento pensava all’Italia o a Genova, come forse piacerebbe a qualcuno troppo sensibile al tema delle piccole patrie o ai nazionalismi. Colombo, uomo di mare e di mercato curioso del mondo e di chi lo abita, è un europeo che viaggia sia per la sua città sia per le Corone con le quali collabora. Proviene dall’ Europa, crogiolo di molte culture, l’uomo che, con un solo gesto, nel 1492 imprime un segno definitivo al cambiamento delle sorti del mondo. Un gesto di unione e non di separazione o almeno così, nel celebrarlo, hanno voluto vederlo i padri della nuova storia americana, anche se poi nella stessa America molte ombre si sarebbero addensate su quella figura e su quel gesto.

È l’Europa, forse, la vera protagonista di quella storia lontana. Viene dall’Europa quell’emigrante che, per descrivere il mondo che gli si apre davanti, usando ormai un’altra lingua recupera nella sua memoria il canto degli usignoli, i verdi panorami andalusi, le cime dei monti siciliani, l’immagine di un colle che paragona a una moschea, il profumo del lentisco di Chio. Un uomo che, infine, e sempre in un’altra lingua ricorderà anche una città troppo presto abbandonata, Genova “potente e bellissima”. Un emigrante europeo che ha aperto la strada a molti altri, come sono stati gli ascendenti di tutti i Presidenti americani, compreso l’ultimo che, appunto, ha deciso di celebrare il Columbus Day e si spera non solo per gli italiani d’America.

Gabriella Airaldi* - Già ordinario di Storia medievale all’Università di Genova è specialista di storia mediterranea e di storia delle relazioni internazionali e interculturali dal Medioevo all’Età moderna

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