Ma allora qual è la città “vera” in cui viviamo? Quella distrutta con l'AMT praticamente fallita, che cerca salvagenti, quella che affoga nella rumenta, nel disastro di non avere trovato una strada per risolvere la destinazione della spazzatura, senza ,fino ad ora, una decisione, il termovalizzatore, il biodigestore, nuovi spazi per un nuovo impianto nell'inferno di Scarpino in quella girandola così ben descritta da Francesco Margiocco su “Il Secolo XIX”, quella città, che è costretta a mandare volontari nei caruggi per accompagnare a casa chi teme della sua incolumità in aree di nuovo proibite del centro storico? Droga, spaccio, prostituzione, violenza, rapine, disagio..... ma non ci sono sempre state?
È vera la città che si ingolfa di nuovo davanti al problema dello stadio, affidandolo alle due società, Samp e Genoa, che non hanno mezzi finanziari per provvedere alla operazione in vista del 2032, malgrado la ferrea decisione di mantenerlo “pubblico”?
E' vera la città che oggi pencola tra la Funivia short, abbreviata dall'arrivo di Granarolo in sù o niente funivia, come è stato niente Skymetro e niente speranze di far avanzare la metropolitana più lenta del mondo a Corvetto e a Certosa-Rivarolo?
Oppure dobbiamo pensare che Genova era quella di prima, dove si prendevano autobus, metrò, ascensori e funicolari senza tirare fuori un citto e l'Amt aveva bilanci sotto controllo, dove la rumenta era ben gestita, lo stadio affidato a un grande costruttore, quello del Water Front, che aveva in tasca già tutto e mancava poco a far partire lo Skymetro e inaugurare qualche nuova stazione di metropolitana?
Lo scontro tra la maggioranza e l'opposizione di Tursi è frontale su tutto, peggio che in campagna elettorale e schiera la città su questi due antitetici fronti, nascondendo quello che interessa ai cittadini: la verità, le prospettive vere.
Non questa altalena sbilenca tra le visioni contrapposte che già avevano infiammato la campagna elettorale, finita da 130 giorni circa. Da allora questa verità sfugge e si capovolge, mentre la sindaca Silvia Salis emerge come una Giovanna D'Arco sulle macerie di Genova da ricostruire, con i suoi blitz continui a prova di apparato mediatico, anche sui palcoscenici nazionali ma sopratutto nei quartieri dove piovono interventi qua e là, dopo anni di abbandono, creuze ripavimentate, strade asfaltate, asili intonacati, campetti resi agibili a turbe di bambini finalmente felici e continuando così nella politica, sia chiaro, necessaria dei Municipi. Insomma quell'”altra” Genova della quale ptrima non si parlava...
E dall'altra parte vediamo la grande opera numero uno, la Superdiga che avanza. Basta affacciarsi verso il porto e quei cassoni incominciano a disegnare il nuovo orizzonte. Ma è opera del commissario Bucci e, quindi, Tursi sembra osservare un po' da lontano.
E' la città delle Grandi Opere che avanza a strappi, come il Terzo Valico, il Nodo Ferroviario, il Water Front, l'Hennebiqua che finalmente hanno incominciato a “grattarlo”. Ogni tanto una inaugurazione, tutti con il caschetto in testa, ogni tanto uno stop, una talpa che riparte nel Bisagno, una talpa che il grisou blocca in val Lemme sulla linea del terzo Valico.
Le due immagini di città stridono troppo e il rispetto per i cittadini ci imporrebbe un sistema per trovare un bilanciamento che consenta a chi amministra di governare senza esagerare e a chi si oppone a chiarire bene quanto è stato fatto e quanto mancava senza ridurre tutto a quotidiani insulti e alte grida.
Non è un bello spettacolo e non aiuta certo ad avvicinare l'opinione pubblica in un tempo nel quale le scosse sono forti, le mobilitazioni imponenti e anche queste incasellate o da una parte o dall'altra degli schieramenti, mentre, invece, sono segnali per tutti indistintamente. Se si guardasse a fondo e non sulla superficie.
In quei cortei, in quelle proteste c'erano quelli di sinistra, ma anche quelli di destra e anche quelli di niente, che non ne possono più degli orrori di un mondo in guerra, dove si stermina il nemico senza più un briciolo di umanità.
Qualche giorno fa ho avuto l'onore di pronunciare l'orazione in memoria di Vittorio Pertusio, il sindaco più grande che Genova abbia mai avuto, che governò per quindici anni, affrontando la ricostruzione e l'impostazione della città come sostanzialmente è cresciuta, occupandosi di macerie, ma anche di grandi opere, di grandi infrastrutture.
Tutto questo lo faceva coinvolgendo “per il bene comune” tutte le parti politiche e allora lo scontro politico e ideologico era frontale e pesante. Ma un raccordo si trovava sempre, se no Genova non sarebbe diventata una grande potenza industriale, la vera capitale dello shipping mondiale, la fucina di professionalità riconosciute nel mondo e la città dove gli armatori si contendevano leadership assolute e dove partiva la prima acciaieria a ciclo integrale d'Europa. Era un altro mondo, un'altra realtà nello scenario italiano e europeo, ma il nocciolo della risalita era anche nella capacità trasversale di parlarsi tra “nemici” politici, di trovare punti di incontro, ragionamenti trasversali possibili.
Tra il PCI ateo che voleva il comunismo per tutti e i democratici cristiani che sostenevano che i comunisti mangiavano i bambini e i socialisti cercavano un'altra strada e gli altri partiti spesso facevano da pontieri e anche chi era contro i governi locali e nazionali aveva uno stile, una dignità di opposizione che oggi è spesso un bercio insopportabile.
Diteci la verità perchè questo può aiutare a far sperare e oggi la speranza è l'unico viatico in tempi complessi, fatti di leadership che si esaltano e poi spariscono e si inceneriscono, come abbiamo visto recentemente anche in Liguria nel governo della Regione e del Porto, mica a Canicattì, in protagonismi sfrenati, in meccanismi mediatici incontrollati che riducono la politica spesso a una operazione anche sofisticata di marketing.
Non vogliamo altro che la verità niente altro che la verità.
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Fuori la verità su Genova: Amt, rumenta, stadio, caruggi
4 minuti e 49 secondi di lettura
di Franco Manzitti