L'anno scolastico 2025/26 si è invece aperto con un solo tema, al bar, sui media e sui social: l'assenza dei cellulari in classe, per la prima volta vietati ufficialmente anche alle scuole superiori, mentre altrove - come nella secondaria di primo grado, la vecchia "scuola media" - questa norma già era acquisita. Le fazioni del pro e contro sono nutrite: i dati dei sondaggi ministeriali raccontano come il 76 per cento degli italiani abbia ben accolto questa norma e sia dunque favorevole al cambiamento. E proprio tra i giovani, protagonisti del cambiamento, arrivano i pareri positivi.
Cirulla e poker
E' proprio nelle classi che la differenza si vede: è quasi poesia la storia di P., un ragazzo di quarta liceo di un istituto genovese, che tornato a casa al primo giorno "senza" ha raccontato di una partita a cirulla improvvisata all'intervallo con i compagni e le compagne. Le carte tornano anche in un'altra classe, dove L. propone un poker e chiede al prof: "Possiamo giocare?". "Sì, ma senza soldi". I dubbi di ragazzi e genitori sono su dove finiranno i cellulari. In alcune classi ci si è organizzati con tasche speciali, a mo' di calendario dell'avvento, dove ognuno ha il suo numero. Chi presenta una classica scatola di cartone, o un cestino, posizionato sulla cattedra. Si scherza, e i meme sui social imperversano, su secondi cellulari stile Nokia 3310 lanciati in mezzo agli altri per far numero e tenere il proprio smartphone ultimo modello ben custodito in tasca. Le condivisioni sui social sono centinaia di migliaia. In un secondo istituto genovese i commenti dei ragazzi più grandi sono unanimi: ci siamo ritrovati improvvisamente tutti fuori dall'aula all'intervallo. A socializzare, chiacchierare, fare due passi. Non sempre era così in passato: perché quei pochi minuti erano invece l'occasione per una sbirciata ai messaggi e ai social, o per chiedere a Chat GPT un aiutino per l'ora seguente. Il responso, a pochi giorni da inizio a scuola, sembra quello di un bicchiere mezzo pieno.
Ancora G., prima liceo, è contenta perché "il telefonino è una grande fonte di distrazione". E., seconda superiore, preferisce stare senza e parlare con le amiche. Ancora, L., terza liceo, dice di aver messo il limite temporale all'uso del cellulare: un'ora e mezza al giorno e poi si blocca. C'è poi la voce di chi pensa che sia un non problema: per T., liceo linguistico, e con lui altri, con tutti i problemi che ha la scuola, tetti che cadono, riscaldamenti che non vanno, nemmeno la carta igienica in bagno, tutta questa attenzione sui telefoni è esagerata.
La scuola è anche "crescere insieme"
Più cauti i dirigenti, che si trovano ora a gestire l'applicazione della norma. "Avremo a che fare con infiniti tentativi di elusione, facendo sbizzarrire la fantasia e i sotterfugi degli studenti. Se non si riesce a stabilire un passaggio culturale importante tramite un patto con gli studenti (e le loro famiglie) non penso si andrà lontano", commenta il dirigente del liceo Pertini di Genova. Sulla necessità di "uno spazio e un tempo in cui restare scollegati" concorda il dirigente del Montale. Che afferma: "Corretto che la scuola si ponga il problema. Basta che non sia un modo per prendere le distanze dal mondo reale e chiudersi rispetto alla società. La scuola può avere l’ambizione di migliorare la società soltanto se rimane dentro ad essa e non fuori dal proprio tempo". Per il dirigente del Gaslini Meucci, la decisione "deve essere presa come occasione normativa e di crescita. Come per le sigarette, che abbiamo normato in passato, questa ha ancor più valore educativo", perché "la scuola è anche crescere insieme". Qualcosa è mancato ed è un docente a sottolinearlo: "L'aspetto che non mi è piaciuto è non aver coinvolto a sufficienza le rappresentanze degli studenti. Certo, che un argine andava inserito, ma avrei preferito vie più partecipative. In fondo stiamo parlando a una generazione a cui, in tempi di covid, abbiamo detto loro che grazie al telefonino stavano salvando l'umanità adulta".
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