Uno dei cambiamenti che ci ha lasciato la tragedia della pandemia è la scoperta di una Genova “fuori”. Intendo la Genova dei dehors sorti per evitare affollamenti pericolosi nei locali pubblici, soprattutto bar e trattorie. Ecco che, improvvisamente, si sono riempiti di allegri tavolini i marciapiedi anche stretti della nostra città che Maurizio Maggiani ha definito meravigliosamente: una “città rampicante”.
Nell’avara pianura genovese, ma anche sulle salite e a rotolare nelle discese i dehors hanno riempito di divertenti ostacoli i percorsi dei pedoni frettolosi e già mugugnoni di primo mattino.
Sfiorando i dehors affollati o, addirittura, attraversandoli, il mugugno costante del mattino genovese si è scontrato con squisiti croissant, biscotti del Lagaccio, krapfen, fette di torta di Mazzini, caldi cappuccini, ristretti caffè, succhi di arance profumate che sono serviti, in parte, a cambiare l’umore della popolazione.
Abilissimi i proprietari dei dehors a pizzare tavolini da bistrot di Maigret in strade impensabili per un uso così letterario. Meravigliosa piazza Colombo, dove il dehors nel centro della piazza attorno alla fontana del Genio marino, spunta dai tetti delle auto ammassate a caccia di un posteggio che girano e girano attorno allo spazio voluto da Carlo Barabino. Naturali quelli di galleria Mazzini, arditi quelli “alpini” di via Assarotti o via Palestro questi ultimi “a scaletta” per evitare che la notevole pendenza della strada facesse debordare il minestrone dalle fondine.
In Circonvallazione il palchetto elevato del bar in corso Armellini consente una comoda visione di chi passeggia, gustando un ricco cannolo siciliano, e più avanti la storica trattoria dei “Tre Merli” di corso Magenta offre un dehors protetto anche per i mesi più freschi.
A cascata i dehors del centro storico a cominciare dai Giardini Luzzati, geniale idea ricca di fermenti e proposte, per finire in via Luccoli dove Einstein che abitava in piazzetta delle Oche sostava tutti i giorni della vacanza genovese in un locale storico raffinato, “Romanengo”, a gustare rare prelibatezze e poco più in là Giuseppe Verdi che a Genova svernava esaltava i “Falstaff”inventati per lui nel locale degli svizzeri Klainguti.
A proposito. Ora Klainguti è stato magnificamente rilanciato dal francese Michel Paquier. Qualcuno mi sussurra che non gli sia stato ancora dato il permesso della sistemazione del dehors. Incredibile! Negare un dehors a chi ha servito a tavola Giuseppe Verdi?
Insomma la speranza è che i dehors invece crescano, non solo nel centro della città ma a Ponente e Levante, valli comprese. Come è successo nella positiva riqualificazione del Mercato di corso Sardegna, una delle più azzeccate recenti trasformazioni genovesi, dove i dehors convivono con i “giardinetti” per i bambini, i campi sportivi, i negozi per signore, la Coop per chi ha poco tempo, un centro medico per fare la tac e, udite udite, anche la libreria!
La vivibilità della “città rampicante” è anche uno Spritz all’aperto, magari ammirando le facciate dei palazzi dei Rolli di via Garibaldi o un gelato sulla spianata ripensando a quando Giorgio Caproni avrebbe voluto salire in Paradiso con l’ascensore di Castelletto. L’aria aperta è un ricostituente per la città e i suoi abitanti. Sempre e ovunque.
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