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Mentre in centro qualcuno bloccava il passaggio a Corvetto invocando la libertà (a pochi metri dal largo intitolato a Eros Lanfranco, avvocato antifascista di 38 anni, arrestato dalla Gestapo nel ’44 dopo una delazione, internato a Mauthausen e morto di sevizie e privazioni nelle cave di Melk), pensavo a qualche episodio degli ultimi giorni. Per esempio all’appello che ha assunto toni da ordine, rivolto a medici, infermieri, operatori sanitari di non fare vacanze a Natale e Capodanno per restare nelle corsie dei nostri ospedali pubblici a curare e cercare di salvare pazienti colpiti dal Covid.

Proviamo ogni tanto, mentre sbuffiamo dentro una tranquillizzante mascherina Ffp2, o siamo in coda davanti a una rosticceria o facciamo l’atto estremamente faticoso e disagevole di tirar fuori il cellulare per mostrare il green pass, a quelle categorie professionali, i sanitari innanzitutto, ma anche altri, che da quasi due anni fanno una vita d’inferno tra i letti dei ricoverati, mascherati come astronauti e stressati da un lavoro certamente più faticoso del mio che al massimo, stando a scrivere davanti a un computer, può comportare un inasprimento della cervicale.

Penso, per esempio, a che cosa accadrebbe se un giorno, questi, alcuni, molti di questi, si rompessero le palle di fare quello che fanno in un’ eterna situazione emergenziale e decidessero di andare a far dell’altro. Coltivare zafferano, per esempio, o dedicarsi alla produzione di pecorino.

Ecco, quando penso a questi che non voglio chiamare Eroi perché sono “soltanto” (le metto tra le virgolette sia ben chiaro!) onesti, bravi, seri lavoratori che hanno preso un impegno e lo rispettano, non posso fare a meno, anche se lo desidererei fortemente, di ricordare alcuni individui che ogni sera ascolto sproloquiare in tv di scienza, epidemiologia, infettivologia, utilizzando per fare questo magari una laurea in Filosofia, Sociologia, magari in Legge come la mia o fanno altri lavori anche di pensiero. Figurarsi….. Magnifico studio la Filosofia, che, copiando wikipedia costituisce “L'insieme dei principi, delle idee e delle convinzioni sui quali una persona o un gruppo di persone fondano la propria concezione della vita: la f. di Leopardi; la discussa f. della Contestazione; anche, il complesso dei principi e dei criteri che sono alla base di determinate scelte politiche, imprenditoriali, ecc.”, perfetto, ma non l’efficacia di un vaccino mRna rispetto a uno a vettore adenovenoso. E mi incazzo, scusate il termine volgare, come una iena nervosa quando sono costretto a ascoltarli anche se, per fortuna, ci pensano ottimi medici o coraggiosi politici a metterli in ridicolo, alzando la voce anche se si capisce benissimo che vorrebbero alzare qualche cosa d’altro e di più indimenticabile.

Perché uno degli aspetti eclatanti di questa pandemia è aver dimostrato come, nel passato recente, abbiamo tutti o quasi caldeggiato le politiche di tagli esasperati alla sanità pubblica in nome di una politica di risparmi forsennata. Politica sostenuta da destra a sinistra passando per il centro. Indistintamente. Richiamando a più non posso la necessità di “evitare spese folli, “ definite spesso “inutili”, per colpa di quei mascalzoni onnipresenti che sulla sanità hanno rubato e lucrato.

Mai come ora Governo e Regioni devono darci una decisa risposta sulla sanità dei prossimi anni. Una sanità pubblica che comporta costi altissimi che vanno coperti con le tasse, ma che deve riguardare tutto, a cominciare dalla formazione dei medici e degli infermieri. Come giornalista per anni ho intervistato medici e sindacalisti che lanciavano allarmi sulla carenza di sanitari che avrebbe provocato gravi disagi in una situazione di normalità. Figuriamoci ora.

Rifare la sanità pubblica deve essere il compito primario della Regione, ma anche dello Stato nazionale: laurea in medicina, specializzazioni, accesso rapido alla professione, assunzioni negli ospedali, costruzione di nuovi ospedali di comunità per evitare che tutti al primo starnuto ingolfino i pronto soccorso e, probabilmente, anche una riforma dei medici di famiglia. S’intende, ricompensando giustamente chi fa questi lavori pesantissimi.