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"Si chiude per me un anno complicato e affascinante che, negli ultimi mesi, è stato segnato dall’impegno nel processo del Ponte Morandi: martedì scorso l’ultima udienza prima dell’interruzione per attendere la decisione sulla ricusazione del giudice." Queste le parole dell'avvocato Raffaele Caruso in un post sul proprio profilo Facebook, con il quale fa un bilancio del 2021 come legale del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi.

"Ho avuto l’onore di partecipare a questa prima fase come avvocato del Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi, a cui sono molto legato per il valore delle loro battaglie, in molte delle quali sono stato coinvolto. Una di queste era l’ingresso del Comitato nel processo come parte civile, rigettata per un’interpretazione dei principi, intrisa di un formalismo di cui mi pare che molti abbiano colto l’ingiustizia. Continuerò a seguire il processo come legale di cittadini e aziende del Comitato Zona Arancione Ponte Morandi. È proprio partendo dal Comitato Zona Arancione che, insieme ad altri legali, mi sono tuffato in questa avventura umana e professionale che per me è iniziata nell’ottobre 2018 e prosegue ancora adesso. In questi ultimi mesi abbiamo incontrato e ascoltato oltre 200 persone che ci hanno raccontato il loro vissuto, ci hanno spiegato i danni che hanno subito e il senso di giustizia che li spinge a chiederne il risarcimento. Stiamo lavorando al meglio per dare veste giuridica a questi danni che oggettivamente hanno segnato la quotidianità di persone, famiglie e aziende della zona arancione, di Certosa e di Sampierdarena in particolare."

L'avvocato Caruso prosegue poi ricordando ciò che è stato fatto: "Abbiamo chiesto il risarcimento ad Autostrade, che ci ha opposto un ragionamento giuridico che ha il sapore di un formalismo che ci auguriamo non sia avallato da nessun giudice. Abbiamo chiesto di poter accedere ai fondi del Decreto Genova, ma – anche qui - un’interpretazione formalistica dell’art. 4ter del decreto da parte della Regione Liguria ci ha chiuso la porta. Abbiamo sperato nel Comune, ma siamo andati incontro a un muro di gomma. L’accordo tra ASPI e il Comune non prevede nulla per la zona arancione nonostante sia stata promessa alla città una pioggia di soldi che sembra destinata ad opere roboanti che ho l’impressione che poco c’entrino e a nulla serviranno per chiudere definitivamente la ferita inferta a Genova dal crollo del ponte.

"A tutto questo si è aggiunto, poi, lo sconcerto di fronte alla notizia che lo spostamento dei depositi petrolchimici a Sampierdarena sarà finanziato anche con 30 milioni di euro di fondi del Decreto Genova. Non dubito della legittimità di questo utilizzo, ma dal punto di vista dell’opportunità politica la scelta lascia molto a desiderare: di fronte a persone che da anni invocano un giusto indennizzo per chiudere la pagina del crollo del ponte che li ha toccati direttamente, si sceglie di impiegare 30 milioni per ricollocare - in ultima analisi - una sola azienda, quando nel Comitato ce ne sono almeno 40 (con un numero di lavoratori molto superiore) che invocano un risarcimento per poter proseguire le loro attività danneggiate dal crollo del ponte. Ancora una volta la sensazione è che la zona arancione, che è il territorio della città che tutt’oggi soffre le conseguenze di quella ferita, sia vissuta con fastidio dalle istituzioni locali e dal Comune in particolare, che sembra in grado di utilizzare il ponte Morandi per trovare risorse per chiunque, salvo che per i territori più feriti. Anzi, paradossalmente, uno di questi quartieri, Sampierdarena, finisce addirittura per fare le spese di scelte discutibili, finanziate con i soldi del crollo del ponte - conclude Caruso - Ce n’è abbastanza per indignarsi ma ce n’è anche molto per andare avanti, confidando in quei cittadini che non si arrendono e oggi come ieri dimostrano solidarietà ritrovandosi a manifestare insieme, sampierdarenesi e certosini, per far valere le proprie ragioni.